Quanto sono strani i gusti musicali della gente! Eh sì, i vari tormentoni subito fanno tanto scalpore e poi nessuno se li ricorda più. Certe cose invece sono sì conosciute da pochi, ma amate veramente, e, soprattutto, per sempre.

"Trespass", il secondo album dei Genesis, è una di queste cose: nella formazione c'è ancora il chitarrista Anthony Philips, che lascerà la band dopo le registrazioni di questo disco (al suo posto subentrerà Steve Hackett); mentre alla batteria compare John Mayhew, che sarà sosituito dal più esperto Phil Collins in seguito alla dipartita di Philips. I Genesis pubblicano "Trespass" dopo aver passato sei mesi di reclusione in un cottage in campagna, tirati avanti "a pane e musica"; e i risultati si vedono.
La magia parte subito, dal primo accordo di "Looking For Someone", una canzone che parla di solitudine, e che mostra l'evidente miglioramento della band rispetto al precedente "From Genesis To Revelation". Inoltre, coi numerosi intermezzi strumentali, cataloga inesorabilmente lo stile a cui questi cinque ragazzi intendono appartenere: questo è puro Progressive Rock! Si prosegue con "White Mountain", costruita sui meravigliosi intrecci tra le chitarre a 12 corde di Philips e Rutherford; l'organo e il flauto arricchiscono ulteriormente il tutto. La bellissima voce di Peter Gabriel ci racconta la storia di Fang, un lupo ribelle che volle affrontare One-eye, il potentissimo custode della corona e dello scettro degli Dei: il coraggioso lupo però non riesce nella sua impresa, e viene condannato a morte secondo una misteriosa "Law Of The Brethren". La sua fine viene sottolineata dalla straordinaria espressine poetica "The dawn saw the white mountain tinted with red", dalla quale venne tratto il titolo della canzone.

Introdotta in modo semplice dal piano di Banks, la successiva "Visions Of Angels" evidenzia nuovamente un laborioso tessuto musicale, anche se a lungo andare diventa un po' ripetitiva. Interessante invece il testo: la leggenda vuole che Philips, scrivendolo, si riferisse alla bella Jill Gabriel, che sarebbe diventata in seguito la moglie del cantante. Una piccola curiosità! La mini-suite "Stagnation" è forse la canzone più complicata dell'album: inizia con le solite 12 corde, che creano sublimi accordi su cui prima si erge Gabriel, poi Banks, il cui assolo accompagna la canzone sino alla sua prima impennata. Da qui emerge per la prima volta il grande talento di questo tastierista! La canzone cambia di nuovo, è sempre più bella. Peter canta ora dolcemente, poi, alla nuova esplosione di note alza la voce e raggiunge note fantastiche. Veramente un grande brano, una piccola "Supper's Ready"...
Si prosegue con "Dusk", un autentico gioiellino dimenticato. È la traccia più breve, ma anche quella che, per me, regala più emozioni. Mentre la ascoltate, provate a far finta di trovarvi in un grande campo, dove l'unico rumore che si sente è il vento che muove i rami degli alberi... vi assicuro che dopo vi sentirete meglio. Brusco cambio di rotta con "The Knife": sui nervosi riff dell'organo, rifiniti dalla chitarra (finalmente in distorsione!) si erge minacciosa la voce di Gabriel, che impersonandosi in un generale istiga il popolo a ribellarsi e combattere per la libertà ("Stand up and fight for you know we are right We must strike at the lies that have spread like disease through our minds"). L'agguerrita marcetta si dissolve dopo un breve ma coinvolgente assolo di Philips, ma la canzone non è ancora finita!! Sul pulsare del basso di Rutherford flauto e tastiere creano un'atmosfera più calma, ma destinata a sfociare in un intermezzo psichedelico in cui grida di rivolta sottolineano l'insurrezione. Seguono altri riff molto hard, poi dopo una piccola ripresa, il mastodontico finale. Un capolavoro!

Ok, so di essermi dilungato troppo, ma non si possono spendere le solite due parole per descrivere un tale album, che forse non raggiunge il livello dei lavori successivi della più grande band della storia, ma rimane sempre qualcosa di straordinario, di perfetto, di eterno.

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