Ho contato una a una le recensioni degli album in studio dei Genesis, e ho scelto questo perchè, insieme ad altri, è quello che ne ha di meno... E, mentre capisco che non siano molto apprezzati gli album che hanno il suo stesso numero di recensioni ("Genesis" e "Calling all Stations"), resta un mistero come mai questo e altri due eccellenti lavori ("Wind & Wuthering" e "Duke") siano stati recensiti così poco...

Siamo nel 1970, e il prog si sta consolidando con "mostri sacri" come "VGG", "Gentle Giant" e "Yes".

E abbiamo i primi vagiti di quello che diventerà, con un certo ritardo rispetto agli altri grandi protagonisti del prog anni 70, il gruppo che supererà tutti per fantasia, capacità compositiva, omogeneità di idee e intenti.

Con Trespass i Genesis iniziano a far capire di che cosa sono capaci, ad appena 19 anni...
Album influenzato da "In the court of Crimson King" soprattutto riguardo all'uso del mellotron (ancora usato con moderazione rispetto ai successivi album), rappresenta il primo vero passo prog dei nostri eroi.
I brani, tutti interessanti, sono decisamente curati negli arrangiamenti, qualche volta anche un pò troppo sontuosi, e un pò mortificati da un drummer decisamente non all'altezza del resto. La qualità della registrazione è, purtroppo, medio-bassa, con un uso qualche volta troppo esasperato dei canali L/R stereo. Acuti opachi e bassi poco presenti. Batteria compressa.

La storia fantastica di questo album si apre con "Looking for Someone", dove la voce deliziosamente stentorea di Gabriel si sposa con una base musicale minimale. Sarà un "marchio di fabbrica" della band, utilizzato anche in album successivi. Il brano è ben strutturato, con parti aeree e dolci e sezioni più dure in risposta. Bella la sezione strumentale che da spazio a tutti in modo equilibrato e gradevole e stacca dalle parti cantate con un finale in diminuendo bellissimo e delicato. Si prosegue immergendoci in un panorama di montagne e boschi innevati con "White Mountain" dove la voce di Gabriel canta una melodia evocativa e struggente. Brano che coinvolge per le accellerazioni e le pause molto ben orchestrate. E si cambia ancora registro con "Vision of Angels", che vede una bella intro al piano acustico con richiami classicheggianti (l'idea verrà ripresa e ampliata in Firth of Fifth), refrain incisivo e strumentale quasi ossessivo, senza evidenti assolo. E' come se fosse un assolo orchestrale (si lo so, sembra un ossimoro). Idea nel complesso interessante, ma sviluppata con una certa ingenuità. E poi arriva quel piccolo capolavoro che è "Stagnation". Il madrigale iniziale dolcissimo si trasforma, prima con calma, poi con maggiore forza (assolo di hammond notevole su base acustica), in un brano più veloce. Lo stop improvviso, con la voce di Gabriel che scolpisce note nel cielo con una leggerissima base acustica, si trasforma lentamente nell'inno fnale che lascia poi nuovamente spazio alla chiusura strumentale. Un piccolo calo della qualità lo abbiamo con la successiva "Dusk", brano acustico con una struttura ingenua e immatura anche se gradevole. Il finale è esplosivo: "The Knife" che verrà riproposta in milioni di concerti. Canzone dura, espressiva, con un hammond in primo piano e due assoli di Phillips lancinanti, rabbiosi e ricchi di inventiva chitarristica, tra i migliori mai eseguiti dalla band.

Nel complesso un album molto gradevole, con poche cadute di stile. Da riascoltare spesso per la sua freschezza e le belle sensazioni che regala.

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