Tra tutti i dischi che ho comprato in questi due anni e mezzo, "Board Up The House" degli statunitensi Genghis Tron è tra quelli che mi hanno affascinato di più.

Mai troppo scontato, sperimentale e cattivo, questo disco, è un doppio assalto: in parte sonoro e in parte psichico. In primis poichè è impossibile restare impassibili all'assalto cybernetico/psychedelico della band americana, ma poi perchè grazie agli esperimenti e alle melodie durante il listening si raggiunge un tale livello emozionale che quasi quasi si vola con i pensieri. Un vero e proprio trip. E' come se prendeste un frullatore e mischiaste "Hallucinogen" con i "The Locust", il risultato che otterreste sarebbe di certo molto simile a "Board Up The House". Elettronica, disturbi Noise, sfuriate Grind e partiture prettamente Math/Post-Hc e tanta tanta schizofrenia; già la title-track posta in apertura è un esempio della maestria di questi tre pazzoidi americani. La drum-machine è programmata a dovere e le aperture ispirate dei synth sono perfettamente legate alle chitarre abrasive e pulite in tutte le dieci canzoni del platter. Tra le schitarrate e le urla del singer, troviamo ogni tanto dei siparietti ambient/glitch che rapiscono l'ascoltatore e lo fanno sognare.

Molto belle la melodica I Won't Come Back AliveThings Don't Look GoodCity On A Hill e la conclusiva quasi doomy Relief, in cui secondo me si raggiunge il più alto picco emotivo dell'intero platter. Molto curato e colorato l'artwork che da sicuramente lo sfondo perfetto agli esperimenti dei Genghis Tron, e ottima la produzione che rende alla perfezione le atmosfere sulfuree sprigionate dai synth.

In definitiva un album molto interessante e particolare, l'importante è che si abbia una mentalità un pochetto aperta per la sperimentazione e le nuove sonorità.

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