Gennaro Cosmo Parlato? Ok, parliamone pure; è senza dubbio un argomento interessante, spinoso, ma interessante. Non saprei dire quanti di voi lo conoscano/se lo ricordino, probabilmente solo qualche fan di Caparezza e Piero Chiambretti (Ci sono estimatori di Piero Chiambretti qui su Debaser? Questa è la volta buona per scoprirlo). Personaggio che all'italiano medio apparirà inevitabilmente strano, fuori dagli schemi: un Klaus Nomi in versione più rotondetta e pacciarotta, con neanche troppo vaghi accenni di Moira Orfei, che rielabora grandi classici del pop italiano anni '80, di interpreti rigorosamente femminili, "Maledetta Primavera", "Fotoromanza" e "Comprami" tanto per citarne alcuni. Ma quale strano, ma quale fuori dagli schemi, qui siamo proprio al clichè più sfacciato: una checca che fa musica per checche, chiarissimo, semplice, rassicurante. Volente o nolente una macchietta, e a me le macchiette non sono mai andate a genio. In teoria il discorso finirebbe qui, ma c'è dell'altro: Gennaro Cosmo Parlato è un buon interprete e un autore a modo suo brillante, altrimenti non mi prenderei neanche la briga di scriverci qualcosa, ecco perchè questa cappa asfissiante di banalità e stereotipi mi irrita così tanto. I dischi di cover con cui ha debuttato sono stati una sua libera scelta o, per ottenere un minimo di visibilità, non ha potuto fare altrimenti? Io propendo per la seconda opzione. "Che c'è di strano", così si intitola il suo primo album, e ve lo dico io che c'è di strano.
L'album di cover può essere uno sfizio per un artista che ha già dimostrato qualcosa; negli anni '60 funzionava diversamente ma oggi non è più così, ad esordire riproponendo materiale altrui sono generalmente personaggi inutili come Michael Bublè e Joss Stone, e GCP ha comunque dimostrato di non appartenere a questa schiera. I tempi sono cambiati, e non in meglio: negli anni '80 un Ivan Cattaneo poteva comunque raggiungere livelli di successo e notorietà quantomeno apprezzabili, nell'Italia degli anni 2000 a quanto pare non funziona più così; in Germania si (Rosenstolz docet), in Italia pare proprio di no, e Tiziano Ferro è un'eccezione che conferma in pieno la regola. Quindi, chi se li compra da noi i dischi di uno come Gennaro Cosmo Parlato? Eh già, troppa poca trippa per gatti, però facendogli cantare ste canzonette (non sono quelle il problema, intendiamoci, è proprio l'operazione in sè ad essere indisponente) e mandandolo in giro per salottini televisivi forse qualcosina si riece a raccattare, finito l'effetto novità tanti saluti e scurdammoce o' passato, come si dice dalle sue parti. Come volevasi dimostrare, nel 2009 Gennaro tenta il salto di qualità con questo "Soubrette", il primo album di materiale proprio; la promozione è praticamente nulla, le vendite ve le lascio immaginare, e dell'aspirante cantautore partenopeo si perdono le tracce.
"Soubrette": il titolo potrebbe far pensare ad ulteriori celebrazioni di frizzi, lazzi e lustrini di cui proprio non si sente il bisogno, ma sto disco è veramente una piacevole sorpresa. Gennaro Cosmo Parlato è un cantautore pop, ma proprio pop pop, puro e semplice: nessuna pretenziosità filosofico alternativa piagnisteide a'la Antony/Rufus Wainwright, deo gratias. Le avesse avute probabilmente la sua carriera sarebbe comunque proseguita con la benedizione della critica, ma approfondire ulteriormente la questione vorrebbe dire altre righe su righe di mie lamentele ed elucubrazioni e sono sicuro di avervi già tediato abbastanza, quindi passiamo finalmente al sodo, partendo proprio dalla titletrack. "Tu regina dell'estate, che non hai fatto fame, ti ammiro e non ti stimo, chi lo sa il perchè, io che lavo scale e ti vedo passare senza salutare, porta su anche me!" Beh, questa non me l'aspettavo, non posso dire che sia chissà quale trovata geniale (di questo disco tutto si può dire tranne che sia geniale), ma è comunque una sorpresa. Essere sorpresi è sempre un bene, è un'esperienza arricchente, nel bene o nel male. Buon pezzo comunque, molto rappresentativo dell'album in generale. Basi ballabili, quasi discotecare, un cantato piacevole e comunicativo, mai gayo fino all'eccesso, buone melodie,testi generalmente apprezzabili e schietti, semplici, anche se a volte un po' ingenui.
Si, direi che la simpatica macchietta ci sa fare, nulla più di un pop danzereccio potenzialmente da classifica con un po' di melodia italiana, ma proposto con stile e carattere. Tra tutte spiccano l'arabeggiante "Agguato a Marrakech", suggestiva e intrigante anche se parzialmente smorzata dalla presenza di uno spento e legnosissimo Enrico Ruggeri, l'elegante bossanova di una dolceamara "Via Toledo", l'episodio più acustico e cantautorale dell'album e infine "Albatros", una dedica semplice ma sincera ed emozionata a Giuni Russo, cantante che GCP si è saggiamente astenuto dal converizzare agli albori della sua carriera. Per il resto "Soubrette" è un album pop/dance piacevole e di poche pretese a parte quella di intrattenere l'ascoltatore, "Savoir Faire" ne è un altro esempio perfetto, così come un'intrigante "Lezioni d'amore" e "Napoli", tutt'altro che riuscita e convincente nel testo ma energica e coinvolgente.
Beh, che dire, il retrogusto amaro rimane anche se l'album è di per sè piacevole. Gennaro Cosmo Parlato non è niente più che un discreto artigiano di paese, "Soubrette" è tutt'altro che un album che cambia la vita, ma in quella brodaglia informe che và generalmente sotto il nome di pop italiano ci poteva benissimo stare anche lui, checca o non checca, trucco o non trucco. Voglio dire, ci sarà pure una sana via di mezzo tra Antony e Malgioglio, qualcuno disimpegnato ma non idiota che possa piacere alla ragazzina di 16 anni e al tizio che ascolta musica solo sull'autoradio, che non dia l'impressione di essere un artista di nicchia o per pochi eletti. "Soubrette" poteva essere un buon punto di partenza su cui construire qualcosa di positivo, ma l'intero "affaire" GCP è stato gestito fin dall'inizio nel più puro stile italiano, vale a dire in maniera pessima. Storia decisamente poco edificante e artista di per sè trascurabile, ma lo sfogo è stato divertente e salutare.
L'album di cover può essere uno sfizio per un artista che ha già dimostrato qualcosa; negli anni '60 funzionava diversamente ma oggi non è più così, ad esordire riproponendo materiale altrui sono generalmente personaggi inutili come Michael Bublè e Joss Stone, e GCP ha comunque dimostrato di non appartenere a questa schiera. I tempi sono cambiati, e non in meglio: negli anni '80 un Ivan Cattaneo poteva comunque raggiungere livelli di successo e notorietà quantomeno apprezzabili, nell'Italia degli anni 2000 a quanto pare non funziona più così; in Germania si (Rosenstolz docet), in Italia pare proprio di no, e Tiziano Ferro è un'eccezione che conferma in pieno la regola. Quindi, chi se li compra da noi i dischi di uno come Gennaro Cosmo Parlato? Eh già, troppa poca trippa per gatti, però facendogli cantare ste canzonette (non sono quelle il problema, intendiamoci, è proprio l'operazione in sè ad essere indisponente) e mandandolo in giro per salottini televisivi forse qualcosina si riece a raccattare, finito l'effetto novità tanti saluti e scurdammoce o' passato, come si dice dalle sue parti. Come volevasi dimostrare, nel 2009 Gennaro tenta il salto di qualità con questo "Soubrette", il primo album di materiale proprio; la promozione è praticamente nulla, le vendite ve le lascio immaginare, e dell'aspirante cantautore partenopeo si perdono le tracce.
"Soubrette": il titolo potrebbe far pensare ad ulteriori celebrazioni di frizzi, lazzi e lustrini di cui proprio non si sente il bisogno, ma sto disco è veramente una piacevole sorpresa. Gennaro Cosmo Parlato è un cantautore pop, ma proprio pop pop, puro e semplice: nessuna pretenziosità filosofico alternativa piagnisteide a'la Antony/Rufus Wainwright, deo gratias. Le avesse avute probabilmente la sua carriera sarebbe comunque proseguita con la benedizione della critica, ma approfondire ulteriormente la questione vorrebbe dire altre righe su righe di mie lamentele ed elucubrazioni e sono sicuro di avervi già tediato abbastanza, quindi passiamo finalmente al sodo, partendo proprio dalla titletrack. "Tu regina dell'estate, che non hai fatto fame, ti ammiro e non ti stimo, chi lo sa il perchè, io che lavo scale e ti vedo passare senza salutare, porta su anche me!" Beh, questa non me l'aspettavo, non posso dire che sia chissà quale trovata geniale (di questo disco tutto si può dire tranne che sia geniale), ma è comunque una sorpresa. Essere sorpresi è sempre un bene, è un'esperienza arricchente, nel bene o nel male. Buon pezzo comunque, molto rappresentativo dell'album in generale. Basi ballabili, quasi discotecare, un cantato piacevole e comunicativo, mai gayo fino all'eccesso, buone melodie,testi generalmente apprezzabili e schietti, semplici, anche se a volte un po' ingenui.
Si, direi che la simpatica macchietta ci sa fare, nulla più di un pop danzereccio potenzialmente da classifica con un po' di melodia italiana, ma proposto con stile e carattere. Tra tutte spiccano l'arabeggiante "Agguato a Marrakech", suggestiva e intrigante anche se parzialmente smorzata dalla presenza di uno spento e legnosissimo Enrico Ruggeri, l'elegante bossanova di una dolceamara "Via Toledo", l'episodio più acustico e cantautorale dell'album e infine "Albatros", una dedica semplice ma sincera ed emozionata a Giuni Russo, cantante che GCP si è saggiamente astenuto dal converizzare agli albori della sua carriera. Per il resto "Soubrette" è un album pop/dance piacevole e di poche pretese a parte quella di intrattenere l'ascoltatore, "Savoir Faire" ne è un altro esempio perfetto, così come un'intrigante "Lezioni d'amore" e "Napoli", tutt'altro che riuscita e convincente nel testo ma energica e coinvolgente.
Beh, che dire, il retrogusto amaro rimane anche se l'album è di per sè piacevole. Gennaro Cosmo Parlato non è niente più che un discreto artigiano di paese, "Soubrette" è tutt'altro che un album che cambia la vita, ma in quella brodaglia informe che và generalmente sotto il nome di pop italiano ci poteva benissimo stare anche lui, checca o non checca, trucco o non trucco. Voglio dire, ci sarà pure una sana via di mezzo tra Antony e Malgioglio, qualcuno disimpegnato ma non idiota che possa piacere alla ragazzina di 16 anni e al tizio che ascolta musica solo sull'autoradio, che non dia l'impressione di essere un artista di nicchia o per pochi eletti. "Soubrette" poteva essere un buon punto di partenza su cui construire qualcosa di positivo, ma l'intero "affaire" GCP è stato gestito fin dall'inizio nel più puro stile italiano, vale a dire in maniera pessima. Storia decisamente poco edificante e artista di per sè trascurabile, ma lo sfogo è stato divertente e salutare.
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