Un pò svogliato, sonnacchioso, su un divano si cela la vera essenza di George Michael. Un tipo lascivo, un artista che impiega dai quattro ai cinque anni prima di registrare un nuovo lavoro, un artista che dai tempi ormai lontani di "Faith" (1987) non è più stato capace di riprendersi.
Un tipo, che pochi giorni fa riesce a guadagnarsi le prime pagine del "Variety": "George Michael trovato ubriaco alla guida della sua macchina in possesso di una quantità considerevole di fumo". Un tipo così, uno che sbadiglia sul divano e che va in giro a fare concerti col solo scopo di avere sempre in banca i soldi per comperarsi la droga e vendersi ai suoi amichetti. Prendere o lasciare: molti l'hanno lasciato, altri invece lo hanno preso. Di petto, ma lo hanno preso. Confesso di non aver mai apprezzato "Faith", l'ho sempre trovato un disco furbetto, mieloso, tirato a lucido con l'olio di gomito. E per quanto fosse sensuale "I Want Your Sex" non riuscivo ad innamorarmene. Col tempo ho cambiato idea (come spesso, ahimè, accade): ho rivalutato "Faith", e ho rivalutato ampiamente anche lavori meno noti e meno riusciti (almeno così dicono) come "Oldier" o "Songs From The Last Century". Ma non ho rivalutato, perchè l'ho sempre trovato abbastanza passabile, l'ultimo lavoro del nostro eroe: "Patience".
Lo produce la Epic. E già questa è una notizia. George Michael ha girato mille case discografiche: dalla Columbia alla Virgin, poi la EMI, ancora la Columbia e infine l'approdo alla Epic. Non le ha girate tutte perchè voleva provare la migliore, è che i suoi molteplici fallimenti commerciali hanno indotto le case discografiche a rescinderli il contratto, una sorta di benservito con accolita di milioni di dollari. "Patience" esce nel 2004, i fans è dal 1999 che aspettano qualcosa di nuovo, e inevitabilmente il disco sale ai primi posti delle classifiche americane ed europee. Anche in Italia l'accoglienza è buona, eppure, se chiedi ad un ascoltatore medio quali canzoni siano presenti nell'album, la risposta sarà: "Conosco solo quella contro la guerra, non ricordo il titolo, però la conosco. Del resto non so nulla". Non vi è chiaro? Bene, seguitemi.
Il buon George Michael, onde evitare pasticci discografici, decide di puntare su un singolo forte, niente amore sole cuore e amenità varie, puntare dritti al problema e allo scandalo. Lo scandalo è "Shoot the dog", scatenatissimo funky in cui si fa beffe di George W.Bush, Tony Blair e persino del nostro ex-premier Silvio Berlusconi, il tutto condito con un video-clip "cattivo" e al vetriolo. Eccolo lì lo scandalo, quello che in realtà non un vero e proprio atto di guerra nei confronti dei politicanti e dell'Iraq insaguinato, perchè George Michael non ha lo spessore di Bob Dylan e perchè, soprattutto, i tempi sono cambiati (citazione dylaniana, pardon). George Michael non crede in quello che canta, e se lo crede non è un attivista politico sfrenato, è solo un tipo sonacchioso e instabile, che pur di recuperare l'affetto dei fans e le grazie del pubblico, venderebbe persino la madre: e oggi, per far successo, basta mettere in piedi uno scandalo. "Shoot the dog" comunque, ai fini prettamente musicali, è un buon pezzo, scatenato, ritmato, bello vivace. Poi certo, non è tutto ora quello che luccica: "Freek" è sì vivace e ritmata, ma è pura banale e scontata, come scontato è "Amazing", l'ennesimo brano pop zuccheroso in cui Michael cita i Bee Gees e si fa estremamente stridulo.
Non brillano nemmeno altri due brani che dovrebbero essere piatti forti: la title-track, inutilmente spezzettata in due parti e "My Mother Had A Brother" sdolcinato brano in cui vengono ripercorsi vecchi ricordi d'infanzia, disillusioni, dissidi famigliari, cose già sentite e risentite, che però i fans gradiscono sempre e dunque, perchè non accontentarli? Tutt'altro spessore hanno invece brani come "Flawless" (impossibile non muovere almeno una gamba a ritmo di musica), l'attacco frontale ai tabloid britannici con "Through" (questa sì una quasi vera canzone di protesta) e la malinconica "John And Elvis (Are Dead)", forse il brano più toccante e riuscito dell'intero disco, un omaggio disilluso e profondo a due grandi miti della musica mondiale che, in un modo o nell'altro, hanno saputo influenzare quasi cinquant'anni di musica moderna. Anche George Michael li piange, perchè anche lui li amava: strappalacrime ma senza strafare. Se solo non si facesse beccare ogni due per tre dalla polizia, George Michael sarebbe un onesto artista inglese (meglio, molto meglio di Madonna) capace di restare a galla in un vetusto e imbarazzante panorama musicale europeo e la sua fama ne guadagnerebbe sicuramente in popolarità e stima.
Ma questi sono discorsi a vuoto, tanto lui mica sta leggendo quel che sto scrivendo. E allora meglio lasciare perdere, comunque "Patience" è forse il miglior album di George Michael da molti anni in qua. Ascoltare per credere. O viceversa.
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