Per farsi un'idea del mondo sonoro di Giacinto Scelsi, basta leggere i titoli dei brani presenti in questo cd: "Quattro pezzi su una nota sola", sembra uno scherzo. "Anahit" e "Uaxuctum", due nomi enigmatici... echi di un remoto esotismo.
Immaginate allora la sorpresa all'ascolto: i "Quattro pezzi" del 1959 assumono ciascuno una nota (fa, si, la bemolle, la) come fondamenta su cui poggiano le quattro brevi composizioni (16 minuti in tutto) ma ci sono continue variazioni di altezza, di intensità, di timbri - oltre che di fluttuazioni microtonali nei suoni - così che il brano non risulta mai monotono ma perennemente differenziato in un raffinatissimo caleidoscopio sonoro.
"Anahit" è l'antico nome egizio di Venere, a cui questo brano del 1965 è dedicato, nel sottotitolo: il personalissimo contributo di Scelsi al genere classico del concerto per strumento solista e orchestra. In questo caso, il violino solista evita ogni fraseggio melodico e produce solo lunghe note tenute, mimetizzandosi per 13 minuti nelle fasce sonore prodotte dall'orchestra, come se l'uno cercasse riparo e quiete nell'altra.
È un caso singolare, quello di Giacinto Scelsi (1905-1988). Se mai l'espressione "di culto" ha avuto un senso, ecco l'occasione giusta per usarla nei confronti di questo compositore misconosciuto per lunghi anni (e decenni) in Italia, il cui nome è emerso poco a poco soprattutto all'estero. Oggi Scelsi l'aristocratico, il bastian contrario che non voleva piegarsi alle regole opprimenti della scuola seriale e che per ripicca guardava a Oriente e all'esoterismo di antiche civiltà, è considerato uno dei compositori più originali del '900.
Provate ad ascoltare "Uaxuctum", l'ultimo brano del cd: sarete trasportati nella leggenda dell'antica città Maya distrutta dai suoi stessi abitanti. Brano del 1966, durata 20 minuti, schiera in organico 8 percussionisti e le sonorità enigmatiche delle onde Martenot, prediligendo le tonalità scure (negli archi, mancano del tutto violini e viole ma ci sono ben 6 contrabbassi). E soprattutto il coro, che irrompe dopo pochi minuti proiettando il brano in una dimensione astratta, siderale. Coro che non intona alcun testo ma produce puro suono, sporcato qua e là da sbavature microtonali, suoni nasali e gutturali, imitazioni onomatopeiche (il respiro, ecc.).
Non sarei sorpreso se qualcuno tra voi, a un primo ascolto di questa musica, la scambiasse per musica elettronica, magari dark ambient. Premonizioni di quanto sarebbe accaduto?... Questo cd raccoglie tre riusciti esempi della personalità visionaria di Giacinto Scelsi: non tutta la sua musica suona così, ma questa è una buona occasione per cominciare a misurarsi con il "caso" Scelsi.
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