Quando vengono citate le catastrofi più gravi della storia italiana, oltre a terremoti e a calamità naturali, viene citato il più delle volte il Vajont come uno dei più tremendi casi di negligenza, disonestà e stoltezza umana che la gente comune italiana possa ricordare.
Ma vi è stato, quarant'anni prima, un altro caso per molti versi analogo e che troppo pochi ricordano quando si deve parlare di disgrazie dovute all'uomo e alla sue manie di grandezza e di attaccamento al Dio Denaro: il crollo della diga del monte Gleno, che la mattina del 1° dicembre 1923 colpì due valli della Lombardia, la valle di Scalve e la Val Camonica, provocando la morte di quasi quattrocento persone (ma questi furono solo i numeri dei cadaveri ritrovati) e la completa distruzione di tutti i paesi della vallata bergamasca e del borgo di Corna di Darfo in quella bresciana.
Il libro che sottopongo alla vostra attenzione parla in maniera dettagliata di tutto questo, dagli errori assurdi commessi in fase di costruzione della diga, che era una iniziativa privata della ditta Galeazzo Viganò di Ponte Albiate (MI), all'elenco dei gravissimi danni arrecati ai paesi praticamente annientati sia nella popolazione che nei beni.
Se ben costruita, sarebbe stata una delle costruzioni più moderne e più interessanti nel suo genere, purtroppo però venne costruita in economia, con materiali completamente inadatti e senza tenere conto delle più elementari norme di sicurezza anche per le leggi di allora, oltretutto con l'allegro benestare del compiacente Genio Civile di allora.
Tutto però venne messo a tacere da uno scandaloso processo seguito da una ancora più scandalosa sentenza nella quale gli imputati appartenenti alla summenzionata ditta vennero assolti o al massimo si fecero qualche mese di carcere.
Qui si racconta veramente tutto, dall'inizio dei lavori con la minuziosa descrizione di tutte le mancanze e le negligenze durante la costruzione, alle paure e a tutti i dubbi della popolazione, che viveva allora in una nera miseria e veniva tenuta all'oscuro di tutto, a quelle terribili 7:15 di quella mattina del 1° dicembre 1923 quando la diga si squarciò rovesciando a valle circa 6 milioni di metri cubi di acqua, ai terribili giorni che seguirono.
Si parla anche degli articoli di giornale apparsi in quei giorni, ovviamente tutti improntati sul "fato" e sulla "disgrazia", si dà poi spazio anche alle testimonianze degli operai, alcuni dei quali denunciarono le forti carenze in fase di costruzione e dissero in processo di non poterne parlare durante i lavori, pena il licenziamento in tronco, e anche alle testimonianze dei pochi abitanti rimasti vivi.
Poi, quarant'anni dopo ci fu la strage del Vajont: decisamente a qualcuno la storia non insegna proprio nulla...
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