Come Paganini, anche Gianna Nannini non (si) ripete, così dopo il bellissimo album "Perle", in cui rivisitava in chiave acustica alcuni brani storici del suo repertorio, la rocker senese torna al sound che l'ha resa famosa.
Il risultato è "Grazie", una raccolta di canzoni pregevoli, ma tutt'altro che indimenticabili, a partire dal singolo "Sei nell'anima", una canzone tanto smaccatamente orecchiabile e da air play che potrebbe averla scritta Ramazzotti (e non è un complimento). "Possiamo sempre" è il brano più rock e duro del disco, decisamente il peggiore, dove la Nannini si crede tornata ai tempi di "America" e torna a vestire lo stereotipo di donna ribelle che l'ha accompagnata durante la prima fase della carriera. Le cose migliorano con "L'abbandono", delicata ballata arricchita dagli archi di Will Malone su un lento beat elettronico. La title-track è ottima, melodica, ma non stucchevole, mentre la successiva "Le carezze" (l'unica traccia non scritta dalla cantautrice) è un brano molto particolare, cupo, insolito per la Nannini e quindi ben accetto in questa sagra del già sentito.
Dato l'argomento molto personale, mi aspettavo che "Babbino caro" fosse un brano lento e ricco di emozione, invece si tratta di un pezzo ruvido e potente, dove la musica è in netto contrasto con un testo introspettivo in cui la cantante parla del difficile rapporto con suo padre. "Treno bis" è una breve e gradevole parentesi acustica, la successiva "Io" è energica e spensierata, la prima canzone "estiva" dell'anno ("Come l'estate piena di luce tornerà la nostra storia"). Non molto memorabile "Mi fai incazzare", la cui musica (e sezione ritmica) assomiglia troppo a quella di una recente canzone degli Snow Patrol ("Somewhere a clock is ticking" da "Final Straw"). L'ultimo brano, "Alla fine", è il capolavoro del disco e sembra uscito da "Perle", con voce potente in bell'evidenza accompagnata da piano e archi.
In conclusione un album discreto, senz'altro migliore dell'elettronico "Aria" (2002) e di molti album italiani di questo periodo, ma lontano anni luce da capolavori come "Latin Lover" e "Puzzle".
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