La domanda che mi sorge spontanea è la seguente: chi è, chi era, chi avrebbe potuto essere Gianna Nannini? Io sono del '90, e proprio in quell'anno lei se ne usciva con una delle più rivoltanti schifezze musicali mai concepite dai tempi dell'Australopiteco fino ai giorni nostri. Per quello che ho avuto modo di "vivere" in prima persona, conosco una cariatide "rock" invecchiata malissimo che sguazza senza particolari distinzioni nel pantano del mainstream radiofonico italiano, tra una collaborazione e l'altra con jovanotti, fabri fibra et similia; ammetto che "iooooooooh oh iooooooooh" in fondo non mi dispiace affatto, è un buon pezzo con un arrangiamento abbastanza originale ma, a parte questo, il mio pensiero sulla Gianna Nannini odierna è tranquillamente riassumibile in un chiaro e semplice "bah!"

Eh, però c'è un però: un paio d'anni fa mi capitò di ascoltare per intero una raccolta abbastanza recente ("Giannabest" se non erro) della presunta regina del rock di casa nostra; il contesto era un po' particolare, basti pensare che l'alternativa era nientemeno che Ricky Martin, quindi incoraggiai caldamente questa mia amica ad optare per quello che consideravo il "male minore". Ovviamente le varie "Fotoromanza" e "Bello e impossibile" già le conoscevo ma solo di sfuggita, non ci avevo mai fatto veramente caso ma, ascoltando con un orecchio più curioso, più attento e soprattutto più allenato, la mia prospettiva cambiò completamente. Dovetti "ammettere" che là in mezzo c'era anche un bel po' di roba bella, di roba che mi piaceva veramente. In particolare "I maschi", l'unico inedito di questa raccolta datata 1987, che suggella il suo periodo più florido ed ispirato, fu un piccolo elettroshock; quell'atmosfera romantica, quei suoni così internazionali e di classe, un modo di cantare che all'epoca spaccava veramente, riusciva a trasmettere vera passione e carisma, la "poetica pop" del testo. Fu una vera rivelazione, non potei non pensare che un pezzo così avrei voluto scriverlo io.

Gianna Nannini, una ragazza di origini altolocate, suo fratello Alessandro si fece valere alla grande nella Formula 1 dei Senna, Prost, Mansell e Piquet, aveva in tasca un contratto con la Ferrari, non fosse stato per un incidente in elicottero in cui ci rimise una mano (per inciso, in quella Ferrari ci finì poi Ivan Capelli, che si bruciò una carriera fin lì da astro nascente, aperta e chiusa parentesi). Ehm, dicevo: il background di Gianna Nannini potrà anche far storcere il naso a qualcuno, ma indubbiamente è stato determinante per acquisire una mentalità meno provinciale, a differenza dei "proletari" Vasco Rossi e Ligabue, che sono nati, morti e decomposti (ma a quanto pare non ancora sepolti) come "fenomeni" da pianerottolo; il fatto che oggi il suo nome sia spesso associato a suddetti figuri la dice lunga su quanto sia caduta in basso, ma io voglio ricordarla per come era. Un'artista brillante e originale, per cui si scomodò un produttore blasonatissimo come Conny Plank; non solo per questioni "pubblicitarie". Nei cosmopoliti e imperiali USA Prince scatenò un gran vespaio con "Darling Nikki", Gianna propose la stessa identica tematica, con un approccio ancora più esplicito, ben cinque anni prima; e "America" non è solo un testo ad effetto ma anche una grandissima prestazione canora e un sound all'avanguardia per gli standard italiani dell'epoca, che già "suggeriva" tra le righe quella svolta synth/rock che la rese inconfondibile.

Persino "Bello e impossibile", il brano più inflazionato, sentito e strasentito tra i dieci qui presenti alla fine risulta quasi un capolavoro rispetto alle melensità simil-poetiche che ci ha propinato da "Meravigliosa creatura" in poi; "povera" Gianna, quella voce che ai tempi era la sua marcia in più ha finito per ingabbiarla completamente, non ha trovato niente di meglio da fare che incartarsi su quello stesso identico registo, riadattandolo per roba senza neanche un briciolo della freschezza e dell'inventiva di quel periodo. Oltre alla splendida "I maschi" e un'ovvia ma altrettanto notevole "Fotoromanza", segnalerei in particolare "Ragazzo dell'Europa", atmosfera suggestiva e malinconica arricchita da pregevoli suggestioni etniche, "Avventuriera" con il suo trascinante fascino on the road e la pregevole ballata "Profumo".

Quant'era bella Gianna, era esplosiva e vitale, impertinente quanto basta, e sapeva distinguersi dalla massa anche con un gusto stilistico non indifferente. Se mai avessi l'occasione di incontrarla, per prima cosa mi farei autografare una copia di questa raccolta, poi le chiederei a bruciapelo cosa si prova ad essere diventata una specie di feticcio per le emma marrone di turno. Perchè scrivo questo? Perchè non fare spallucce, in fondo la Nannini non è stata la prima artista di talento fagocitata dal tritacarne del music-biz e di sicuro non sarà l'ultima, ma questo vuol dire che in fondo mi ci sono affezionato; quindi un po' ci tengo e mi dispiace vederla ridotta ad una scialba caricatura di sè stessa.

Carico i commenti...  con calma