Artista eclettica della scena cantautoriale al femminile italiana (una tra le poche valide rappresentanti), con alle spalle una carriera trentennale, autrice di famosissime hit (come non ricordare "Bello e impossibile", "Fotoromanza", o ancora, "Notti magiche", "I maschi" e tante altre) sempre colme di carica e passionalità, dotata di un'anima rock ed in pieno stato di grazia con l'ultima pubblicazione, "Grazie" (2006). Stiamo parlando di Gianna Nannini: una donna che piace sempre di più, anche ad un pubblico formato per la maggior parte di giovani (e non soltanto di nostalgici), e che spesso ha fatto storcere il naso per una versatilità vocale (e anche compositiva), che molti puristi della canzone italiana fanno fatica a digerire ma che con gli anni è maturata sino a regalarci una tra le più belle canzoni della sua carriera: la profonda "Sei nell'anima". Tanta carica, che nonostante l'età sembra non essersi ancora spenta (alla faccia di molti presunti cantanti che debuttano giovanissimi soltanto grazie alle case discografiche che, si sa, preferiscono puntare più sull'immagine che sulla qualità).
Ma nel 2004, abbandonate per l'occasione le chitarre, la Gianna nazionale propone una rilettura di alcune canzoni, pescate qua là tra i vari album della sua gloriosa carriera, in chiave minimale e prettamente acustica. Un lavoro delicato e sopraffino, dove sono archi e pianoforte a tessere le trame sonore di canzoni che vivono così di un'anima nuova, ammantate da quel timbro aggressivo ma sempre melodico che solo la Nannini possiede e che non ci risparmia parentesi ironiche e, permettetemi il termine, anche un po' pazze, come nella recente "Notti senza cuore", dove sembra di avere a che fare con un Vasco Rossi al femminile. Ma ecco che comincia la seconda traccia. Ed ecco il primo capolavoro del disco: "Ragazzo dell'Europa", forse una delle più conosciute all'interno del lotto delle tredici canzoni. Definirla emozionante non basta; qui il pianoforte dona un climax indescrivibile al brano, e la voce dell'artista ci rende partecipi delle sue emozioni più profonde, in maniera disarmante. "Contaminata" è perfino ipnotica ed inquietante con il suo lento incedere del piano al quale fanno da contraltare marziali percussioni ed un ritornello che propone una versione operistica (per quei cori che si sentono in sottofondo), quasi da musical in salsa rock, della cantante. E, passando per la spensieratezza dal gusto retrò di "Amandoti", passiamo alla carica sensuale di "Profumo" ed al tripudio sonoro degli archi in "I maschi", anch'essa riproposta in una versione decisamente retrò rispetto all'originale, che risultava tuttavia più intensa. La rivisitazione è comunque gradevole. Sprazzi di romanticismo e vellutati arabeschi sonori fanno capolino in "Aria" ed il disco vola in alto, toccando un altro punto di massimo valore. Parte "Una luce", e non riesco a credere alle mie orecchie, c'è un pianoforte delicato a tratteggiare una vena malinconica e notturna, al quale si aggiunge l'ennesima superba prova vocale; ed è di nuovo capolavoro d'eleganza. Influenze jazz contaminano la resa di "California", breve e soffusa nelle prima metà ed in chiusura, enfatica ed aggressiva nella parte centrale, ma sempre raffinata com'è lecito aspettarsi. "Latin lover" è un'altra parentesi da musical in salsa rock e metropolitana e "Meravigliosa creatura" è una delle canzoni d'amore più intense scritte dalla Nannini, nonché altro apice emotivo del disco, che rischia perfino di sparire di fronte alla solennità di "Amore cannibale". Ecco che per testo e musica, la musica della cantante può diventare appetibili ad anime gotiche appassionate di messe da requiem, cori operistici, pianoforti stregati, malinconici violoncelli e testi metaforici ed intrisi di immagini decadenti. La sola canzone vale l'acquisto del disco a scatola chiusa. "Oh marinaio" è pura poesia dal sapore mediterraneo; dispiace soltanto constatare che sia l'ultima del disco. Oltre al tanto superbo lavoro in fase d'arrangiamento, meritano una menzione speciale anche i testi, poetici e passionali quando serve, schizofrenici ed ironici negli episodi meno canonici, ma pur sempre profondi e personali.
Elegante e raffinato, ma anche ironico e pregiato da una maturità artistica invidiabile, "Perle" è un vero e proprio capolavoro, una tempesta emotiva che inaspettatamente ha coinvolto anche il sottoscritto, solitamente dedito ad altre scene musicali, con le quali però il disco in questione trova più di un collegamento. Nessuno si dovrebbe privare di tanta bellezza, di questo scrigno sonoro dove dimorano emozioni intense, nelle quali diversi tipi di ascoltatori potranno cullarsi.
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