Qualcuno ha parlato di neo-neorealismo. Qualcuno ha detto ch'é una boccata d'aria fresca nella scena del cinema nazionale. Qualcuno si è lamentato della fotografia. Sicuramente "Non pensarci" è un piccolo film che sa dove andare a parare e lo fa in modo semplice e divertente.
La commedia di Gianni Zanasi parte da un buono spunto, per quanto ampiamente sfruttato: l'inevitabile fase calante del passaggio all'età definitivamente adulta e la conseguente presa di coscienza di tutto ciò che è irrisolto. Stefano Nardini (Valerio Mastandrea è tanto credibile quanto simpatico), debosciato chitarrista trentacinquenne, non riesce a dare una svolta alla sua carriera: il gruppo scalcinato in cui suona non riesce a pubblicare il disco giusto. La cosa si configura come sintomatica di uno stallo generale nella sua vita, e quando la fidanzata lo tradisce, abbandona temporaneamente la scena musicale underground romana per tornare al suo paese d'origine da cui mancava da tanto.
Qui la famiglia di Stefano ha una fabbrichetta di ciliegie sciroppate che suo fratello maggiore Alberto (Giuseppe Battiston è il più bravo del lotto), quarantenne nevrotico e frustrato dalla crisi matrimoniale, gestisce al posto del padre, ormai in pre-pensionamento e totalmente inconsapevole (?) delle cose della sua famiglia. La madre anche lei è annoiata e triste, e si tira su con corsi new age. L'unica nota di serenità sembra essere Michela (una splendida Anita Caprioli acqua e sapone), la sorella, che ha lasciato l'università per lavorare nel delfinario del posto.
La vena ribelle di Stefano all'inizio porta volutamente scompiglio nell'apparentemente tranquillo ritmo familiare, lui ch'era fuggito via da una realtà provinciale piatta, monotona e chiusa che lo ha sempre fatto sentire un oggetto non identificato nel suo stesso nucleo. Un ultimo impeto alla lotta contro le assurdità della vita e della società salvo poi ricomporsi davanti alla scoperta del rischio di fallimento del "ciliegificio" di famiglia.
Questo sembra essere l'elemento che in modo del tutto silenzioso e spontaneo, avvierà una riconciliazione tra le parti scollate della famiglia Nardini, passando per l'amara rivelazione che la madre fa a Stefano, fino alla soluzione dell'equivoco che Stefano stesso aveva volutamente provocato attorno alla sorella. In tutto ciò si assiste al cambio di atteggiamento del vessato Alberto, che finalmente ritrova sia l'aiuto che gli era mancato dai familiari e che aveva messo in crisi lui e l'azienda, sia i sentimenti grazie alla frequentazione di una squillo d'alto bordo (Caterina Murino è uno spettacolo per gli occhi).
Una vicenda che fa girare attorno a sé varie piccole microstorie di insoddisfazione, situazioni sull'orlo dell'esaurimento e di quotidiana amarezza, trattate però dal bravo Zanasi con ironia e delicatezza. E' un film di poche pretese, ma perché non vi è la pretesa di lanciare messaggi apertamente salvifici né di trattare argomenti di spessore sociale con piglio psicanalitico, bensì soltanto di descrivere una situazione in cui ognuno si può riconoscere con le proprie delusioni e le proprie sconfitte. Con un sorriso sincero, senza le inutili urla o scenate narcisistiche che di recente hanno fatto la fortuna di tanti pseudo registi e attoruncoli nostrani. Il titolo stesso non è un invito a non pensarci, ma soltanto a non preoccuparsi più di tanto, perché arrivati all'orlo la redenzione finale parte in modo del tutto automatico. Basta aver fiducia.
P.s.: Degna di menzione la colonna sonora che spazia dall'indie rock al Don Giovanni di Mozart, fino ad arrivare alla piacevole riscoperta di Ivan Graziani, con "Agnese" nelle belle scene finali... e pazienza se la qualità dell'immagine non è eccelsa!
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