Troppe volte mi è capitato di sentire la parola "consacrazione" usata a sproposito, disturbata senza motivo per esaltare opere in verità discutibili di autori ancora più discutibili e lontani dalla perfezione. Siamo umani in fondo, anche se sempre meno, e ci piace crogiolarci nell'errore di giudizi dati frettolosamente e senza profondità, salvo poi pentirci di non aver saputo aspettare. Il caso di Dividing Opinions dei Giardini Mirò invece sfugge a queste considerazioni, perché i ragazzi di Cavriago con questo album piazzano il colpo decisivo e salgono sul gradino più alto del podio, quello che spetta a chi raggiunge il punto più splendente del proprio percorso.
Dividing Opinions è un album grandioso, nove brani di eccellenza che accendono emozioni sincere, attraversano territori diversi e complessi e convincono nel loro incedere deciso e definitivo.
Il suono seppur sempre dolente e crepuscolare, appare ormai decisamente più puro e profondo, la scrittura dei brani è finalmente matura ed essenziale, ed è stato abbandonato quasi definitivamente il tono a volte eccessivamente cantilenante e ridondante di alcuni arrangiamenti "slow" del passato. Qui tutto appare più veloce e frenetico ed il risultato è un disco decisamente più cattivo, con ritmiche trascinanti fino a sfiorare in alcuni momenti le atmosfere di una certa Indie/New Wave più o meno recente (vengono in mente i Blonde Redhead su tutti e poi Piano Magic e anche Psichedelic Furs).
Tuttavia i Giardini di Mirò mostrano di essere ormai giunti ad un punto tale di consapevolezza e grandezza da meritare il superamento della fase dei paragoni e delle somiglianze (alla quale tuttavia sembra che la gente non sappia rinunciare) e di essere considerati semplicemente per la loro dimensione assoluta. Dividing Opinions ha lo spessore di un grande album internazionale e sorprende per come anche negli aspetti più secondari della sua produzione e post produzione tutto sembri perfetto.
Il disco si apre con la title track dell'album "Dividing Opinions" appunto e si dal primo istante l'impatto sonoro è violento e mette in luce il tono più potente e prepotente del disco, il brano è tambureggiante e distorto, due minuti e sette secondi impetuosi e assassini che lasciano poi il posto alla bellissima seconda traccia "Cold Perfection" che inizia con un veloce arpeggio classico e semplice, si svela poi un po' per volta passando per un ritornello New Wave e finisce dilatandosi in un finale fantastico lento e rarefatto. Il terzo brano "Embers" sembra un omaggio agli amatissimi Blonde Redhead, quasi una citazione, ma non per questo meno convincente.
Lasciatemi fare un paragrafetto a parte per "July's Stripes" la quarta traccia, l'unica strumentale, semplicemente strepitosa. Inizia con un incedere lento e ipnotico, lucido giro di basso, pianoforte minimalista, atmosfera psichedelica, la chitarra suonata come un sitar e gli archi morbidi in sottofondo. Poi, dopo due minuti e trentanove secondi, la canzone esplode grandiosa e magnifica in un delirio monumentale che fa tremare l'anima e sanguinare il cuore. Canzone mostruosa che lascia senza fiato.
Poi arriva la splendida "Spectral Woman" dolce e malinconica, pop-elettronica e di nuovo New Wave ai massimi livelli con una chitarra da brividi. Come da brividi è l'attacco di "Broken By" che sorprende per un tono arioso e solare salvo poi esplodere in un inciso sofferente e allo stesso tempo scintillante. Leggera caduta di tono, a mio giudizio, è "Clairvoyance" con un atmosfera acustica anni '70, e quindi un po' datata, che sembra assomigliare a tante cose già sentite, è un brano stanco e un decisamente troppo lungo.
Il livello risale immediatamente con la successiva "Self Help" in cui appare il grandissimo Glen Johnson (Piano Magic) a tessere una melodia perfetta poggiata su un suono di basso pieno e corposo, archi tristissimi e chitarra super riverberata. La voce e la chitarra acustica sono le sue e si sente. Si chiude con la nona traccia "Petit Treason", lunghissima cavalcata rock che ha un finale di due minuti e mezzo semplicemente strepitoso in cui richiama negli ultimi istanti le note di Dividing Opinions e il disco si chiude così come si è aperto, come un cerchio perfetto, quasi a non voler finire mai.
In conclusione Dividing Opinions è un grande album, convincente e a tratti esaltante. Rappresenta un netto passo avanti nell'evoluzione della musica dei Giardini di Mirò. È un album avvolgente ed emozionante decisamente invernale e dai toni scuri, ma rabbioso e cattivo nella maggior parte dei momenti, caratterizzato da un'incedere potente e da una quantità enorme di idee sorprendenti risolte in una scrittura in stato di grazia, figlia probabilmente di uno stato eccezionale d'ispirazione creativa.
Questa volta si, siamo di fronte ad una vera consacrazione.
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