Posto che del maiale non si butta via niente (anche se la porcellonica discografia di Miles Davis contiene indubbiamente tagli ben più pregiati di questo), Davis e Evans stavolta pisciano un tantino fuori dalla tazza. Insomma, è uno strano caso in cui vengono a trovarsi fianco a fianco sia ottimi che pessimi presupposti per questo lavoro dei due amiconi: un incontro tra jazz e bossanova che lascerebbe ben sperare visto il sostanziale miracolo/capolavoro di "Sketches of spain", dall'altra parte l'ombra lunga dei padri/padroni della Columbia, che visto il successo (anche commerciale) della precedente collaborazione e visto che la bossanova andava tanto di moda pressarono i due per un nuovo discone.
Ma non erano anni facili per il trombettista di Alton: insomma, partorire "Kind of blue" e "Sketches of spain" lo stesso anno, per non parlare poi della roba che ha preceduto questi due capolavori, sfornata con eccezionale e sapiente regolarità, lascerebbe con fiato corto e culo rotto chiunque, anche il nostro Miles: crisi? Probabile, le cronache dicono che meditasse il ritiro, e infatti a parte il suo reale ritiro questo è il periodo in cui pubblica meno roba fatta in studio.
Ora, "Quiet nights", checché ne dicano le note che accompagnarono l'uscita dell'album all'epoca, è un disco abortito: insomma, sembra un cut-up di session che si svolsero nell'arco di due anni, periodo durante il quale i due, Miles e Gil, maturarono appena venti minuti di musica, musica un po' sfilacciata, non a fuoco, incerta, dove Evans per la prima volta pare in seria difficoltà soprattutto nel condurre la sezione ritmica (pare di vederli, batterista e direttore d'orchestra che si guardano negli occhi, tutti e due che aspettano indicazioni, anzi, un disperato aiuto); suona un po' "Birth of the cool" in "Song No.2", vagamente esotico e sudamericaspagnolewesterneggiante nel resto del disco; per fare "Corcovado", forse perché Evans proprio non sapeva come andare avanti, dopo un minuto attaccano con la gomma al classicone brasileiro una take di un altro pezzo dell'album.
Non si salva nulla? Beh... a quei venti minuti scarsi di bossanova che non si sa bene dove vada a parare, va comunque il merito di permettere una volta di più a Miles di far sfoggio di un lirismo e di una sensibilità assolutamente fuori dal comune, che a tratti tocca nel vivo l'ascoltatore.
Ma venti minuti erano troppo pochi per un disco, e allora Miles, che nel '63 era impegnato ad onorare ancora alcune date, pensa bene di inserirci una bella esecuzione di "Summer night", che comunque non c'entra 'na mazza col resto del disco in quanto pare volgere lo sguardo verso "Kind of blue".
Miles ed Evans dopo la pubblicazione lo trovarono orribile, e la colpa fu data al produttore Teo Macero (?); dal canto loro i caporioni della Columbia decisero che Gil e Davis insieme non era più cosa buona; questi ultimi, infine, avevano un ultimo lavoro da fare, una colonna sonora per una piece teatrale, "The time of the barracudas"; ma pure questa fu eliminata dalle rappresentazioni dopo poco, e ne restano solo alcuni frammenti (carini, nulla di che) pubblicati per rimpinguare i già rimpinguati 27 minuti, che stavolta erano troppo pochi per un cd.

Insomma, un disco raccomandato a fan e completisti di Davis, per gli altri, beh... c'è di che scegliere.

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