Numerosi geni si sono susseguiti e si susseguiranno nel raccontare spettacolari, indimenticabili ed immortali storie struggenti o terrificanti, emozionanti o introspettive, collocandoli in fantasiosi, ispirati, avvincenti scenari fantascientifici.
Chesterton colloca il suo "Uomo che fu Giovedì" in uno scenario reale, sfacciatamente quotidiano, ed è questo che lo rende un romanzo così (almeno a mio modo di vedere) appassionante. L'agile divincolarsi tra l'imperscrutabile figura di Domenica ("Δεινòς" lo definirebbero i greci antichi, ed è l'unico aggettivo veramente adatto alla situazione, chi conosce tale lingua capirà) e il pateticamente ordinario "Saffron Park", tra il terribile (ma terribile davvero) consiglio anarchico e la banale lite tra le convinzioni del poeta anarchico Lucian Gregory e il poeta-ispettore Gabriel Syme, vero e proprio alter-ego dell'autore.
La trama enigmatica e piena di colpi di scena, con alcune parti del finale a dire il vero piuttosto telefonabili, è più che altro un interessante comprendio di spunti, riflessioni condivisibili (come nel mio caso) o meno, ma senz'altro coraggiose e innovative. Remando contro gran parte del mondo dell'arte di allora, dei tempi precedenti e di quelli futuri, Chesterton ci ammonisce di preferire la ragione all'illusione, in quanto più solida e radicata ("il viaggio verso l'ignoto richiede marinai forti ed esperti, non sognatori o utopisti: l'illusione può permetterci di immaginare la fine del viaggio, difficilmente di giungervi realmente. Similmente, solo una mente ben razionale può sopportare la vista dell'irrazionale fino in fondo, ovvero dove l'irrazionale non è più tale" è più o meno questo il messaggio fornito da Chesterton e riportato in forma molto simile sul retro del libro, almeno sulla ristampa in mio possesso, of course.) Infatti, sarà il costante bisogno di conoscenza e di scoperta che guiderà Syme all'allegorica conclusione.
Importantissimo è il confrontarsi di quelle che dovevano essere sei menti superiori che si rivelano sempre più fragili e bisognose dell'aiuto altrui, spesso un vero e proprio contrappeso, che restituisce un giusto equilibrio emotivo e razionale. Avevo pensato di fare esempi ma spoilererei troppe cose.
Tanti i riferimenti alla religione Cristiana e a quella Buddhista, nonostante fosse all'epoca Ateo, tantissime le allusioni alla poesia, dal punto di vista anarchico e da quello razionale (interessantissima la diatriba sull'essenza di poesia: per l'anarchico Gregory poetico è un attentato, poiché l'esplosione "lascia il segno" più di quanto l'abbiano fatto patetiche vite umane costrette ad essere sacrificate, mantre per Syme nulla è più poetico di una tabella degli orari dei treni, in quanto testimone di organizzazione e di progresso da parte della civiltà), sulla natura, sul potere, sul dio-denaro, sulle convinzioni popolari.
Non da ignorare anche la grande abilità narrativa dell'autore, che come già detto si districa bene tra momenti di assoluta e altissima filosofia, di rilfessione, di grande tensione, di rocambolesca avventura, di gioco enigmistico, di thriller, quasi di Spy-story, di humor inglese e soprattutto di mistero, che ci accompagna anche superata la fine del romanzo, dove non tutto sembra ancora ben chiarito.
Tirando le somme romanzo che considero un capolavoro perché è in grado di concentrare in una lettura in fin dei conti non pesante e ben scorrevole, in uno scenario noto a tutti, a tratti divertente divertente, molto patetica (anche qui si prenda la connotazione greca del termine) importanti elementi di riflessione e a mettere in dubbio le grandi qualità e le straordinarie debolezze della creatura umana.
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