Ecco un titolo accattivante per un sincero rendiconto di una vita veramente sopra le righe: " Cosa farò da grande. I miei primi 90 anni". Con la preziosa collaborazione del giornalista Daniele Bresciani, Gino Paoli riporta, nero su bianco, l'odissea di un musicista e artista quale è stato finora e, a Dio piacendo, vorrebbe ancora continuare ad essere almeno per un po' di altri anni.

Ciò che mi ha indotto ad acquistare il libro e a leggerlo avidamente è stata la mia massima considerazione per uno come Paoli che ha contribuito, insieme ad altri noti musicisti, a svecchiare il mondo della canzone italiana (in tempi lontani in cui si impiegava l' assurda definizione di "musica leggera" quasi si trattasse di banali canzonette). Come ricorda nel libro lo stesso autore, cresciuto nella Liguria degli anni della ricostruzione post bellica, intraprendere una carriera artistica non era proprio facile ma, per una serie di circostanze favorevoli, Gino Paoli mise a frutto la vena compositiva musicale andando sotto contratto alla Ricordi all'alba degli anni'60. Da lì si snodo` una carriera fitta di successi,certo, ma soprattutto di brani memorabili (e fra le tante la mia preferita resta "Sassi", una delle migliori canzoni italiane riguardanti il tema dell'amore e della vita). Il tutto all'insegna di una sua propensione a privilegiare toni introspettivi nei testi ( la cosiddetta scuola ligure risentiva dello stile degli chansonnier francesi), mentre il suo stile di vita poteva suscitare un certo scalpore data la mentalità allora corrente ( una vera e propria vita spericolata come avrebbe cantato e vissuto Vasco Rossi).

E inevitabilmente, come rievocato nel libro, al culmine del successo (estate 1963) Gino Paoli provò un tale tedio per tutto quanto da tentare (senza riuscirci fortunatamente) il suicidio. Grande risalto mediatico al fatto (i rapporti fra Paoli e i giornalisti non sono mai stati idilliaci) e il lascito di una pallottola che è tuttora nel pericardio. Almeno, come viene riferito, "non rompe più le scatole facendo suonare il metal detector, deve essersi arrugginita".

Tanti sono i ricordi di una vita così intensa di un uomo e artista (versato anche nella pittura) sostanzialmente timido (di primo acchito un ligure riservato) ma amato da donne come Ornella Vanoni, Stefania Sandrelli. Legato ad amici e artisti come Fabrizio De André, Luigi Tenco (forte il suo rammarico per il suo suicidio al festival di Sanremo 1967), Lucio Dalla, Umberto Bindi, Bruno Lauzi, oggi Paoli può apparire (soprattutto ai più giovani) come un sopravvissuto ad un'epoca dorata per la musica italiana, giusto sotto certi aspetti un irregolare come è stato poi il rocker Vasco.

Dopo aver attraversato decenni così intensi, restando fedele al suo carattere di bastian contrario, lui stesso cerca una sintesi delle sue vite (forse nove come gli amati gatti, non meno dei cani) e a ragione scrive:" una risposta non c'è. Ciascuno di noi è tutti e nessuno. Resta l'amore, forse, a dirci chi siamo". Spero tanto che la sua vena compositiva lo accompagni ancora per un po'.

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