Bomba Dischi è un'etichetta discografica eclettica.
In roster ci trovi Carl Brave X Franco126 che sono la risposta degli Zero Assoluto alla Dark Polo Gang; i John Canoe che si sono presi bene con i Thee Oh Sees, Ty Segall e il garage nuovo; i Jennifer Gentle che sono i Jennifer Gentle; Germanò che colma un vuoto eventualmente lasciato dai Tiromancino; i Boxerin Club che sono un incrocio brutto tra i Vampire Weekend e gli Is Tropical, concepito in un'orgia di tutti quei gruppi indie folk che fanno wooohooo in coro con le barbe; i Bamboo che fanno electroclash nel 2017; i Grande Cuore che hanno fatto uscire un singolo italodisco a pasquetta, intitolato Carlo Verdone; i Departure Ave. che sono addirittura belli e non mi va di liquidarli così; Lamusa che fa tipo chillwave strumentale lo-fi e ha tirato fuori il video perfetto; Adriano Viterbini che è bravo a suonare la chitarra; altre cose.
In tutto ciò, i nomi di spicco sono Calcutta e i Pop X. Due operazioni nostalgia piuttosto diverse tra loro, entrambe comunque riuscite.
Il primo è un cantautore alla romana, abbastanza onesto e naif, cantabilissimo e stonatino tra Venditti e De Gregori, che con ballatone al piano e chitarra ha conquistato schiere di fuorisede brutti, innamorati e con una doccia per cinque in casa. Scrive inni per nessuno in particolare, quindi per tutti.
I secondi facevano cose 8bit simpatiche e ora sono i Paps'n'Skar. Quelli di stasera la luna ci porterà fortuna la luna. Hanno trovato ideale collocazione nelle playlist trash mondane, giocando sul cinismo lirico vuoto di significati, capaci di shock orecchiabili stile dammi una lametta che mi taglio le vene.
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Alle prime battute di Retromania, Simon Reynolds si sofferma sul concetto di nostalgia, sul fatto che da principio designasse uno stato d'animo malinconico legato al distacco topico, non ancora a quello cronologico comunemente inteso oggi. Per concludere che la nostalgia di quel che fu è un sentire tutto sommato recente, tipicamente otto-novecentesco. Al netto di rimpianti per età dell'oro in termini di moralità e costumi, invece ben radicati nella storia del pensiero umano.
Di quel senso originario, topico, della nostalgia è impregnato il disco d'esordio di Giorgio Poi.
Poi si è innamorato del cantautorato italiano istituzionale non soltanto da poi, ma da altrove: dalla Londra in cui ha orchestrato nel giro di cinque anni i Vadoinmessico e i Cairobi, progetti pop a tinte psichedeliche, affini a quei Jennifer Gentle suoi recenti compagni di label.
Se è vero che le operazioni nostalgia vanno attualmente per la maggiore anche in ambito musicale, un disco come Fa Niente è un sicuro successo da colpo al cerchio del colto e alla botte del nazionalpopolare, da Piero Ciampi a Vasco Rossi. Ma genuino, perché talmente filologico da sacrificare lo stesso Poi al ruolo di umile mestierante della canzone, senza l'aura da culto del personaggio che ha consacrato i Calcutta, i Paradiso e i Contessa allo statuto di eroi italiani dell'indie, quindi di meme. Niente meme su Giorgio Poi: non si presta. Il suo approccio al drammone e all'insignificante quotidiano, per quel che ci è concesso dedurre dai suoi testi, è quello di uno che tratta il vissuto per costruire metafore e ridondanze da cantare, per chiudere il cerchio.
Se ci fai caso, il mare è un elemento base nella costruzione lirica della nostalgia, perché ne racchiude i due sensi profondi: tanto il senso della lontananza e del viaggio, quanto quello della vacanza, di un tempo circoscritto carico o scarico di eventi, contrapposto a una quotidianità a sua volta piatta o caotica.
La canzone d'apertura, L'Abbronzatura, rimanda esplicitamente all'annegamento e alla spiaggia pensata in inverno, e de Il mare d'inverno Giorgio Poi ha fatto una cover.
Paracadute, il pezzo più bello e forse, vagamente, il più intimo, è accompagnato dal suono delle onde.
Il ritornello di Le foto non me le fai mai dice:
Tanto c'è il mare
fa molto bene è bello da guardare,
talmente si muove
che non lo vedi ma è due volte uguale,
mangiare il gelato
è un obiettivo da focalizzare
per riprendere il fiato
con telecamera professionale
Quindi mare, metafore estese, ambivalenze semantiche un po' alla Rino Gaetano. Poi nega tutto e dice senza paura e senza nostalgia/tornando dal mare/senza nemmeno una fotografia. Ma non farti ingannare.
Sull'altro versante c'è la città da psicosi ingegneristica gaddiana di Tubature, più banalmente da caos e traffico di Doppio nodo, che trova anch'essa sfogo nell'andare a Rimini a vedere il mare.
Fa Niente è anche - forse soprattutto - un disco ben suonato, e proprio per questo, inzialmente, ci ha conquistati. Tutto è partito dalla pentatonica rubata chissà dove di Acqua minerale, per struttura e giro di basso portante illuminato, appesantita erede di Amarsi un po' che è la canzone italiana definitiva*, senza tempo e tutte le cose belle che ti vengono in mente su una canzone, che da poco ho avuto modo di sentire storpiata dal vivo dai C+C=Maxigross.
Il basso è protagonista dinamico, tirante indiscusso di un disco arrangiato compatto, compressissimo, in rigoroso power trio.
Paradossale che sia per Vadoinmessico che per Cairobi, Giorgio Poi si avvalga di una maggiore varietà di strumenti, a volte anche inusuali; mentre per queste strutture da pop italiano, tradizionalmente portato all'arrangiamento orchestrale, abbia scelto una linea sobria e minimale, uniforme per effettistica - chorus e riverbero a manetta - e privo di picchi nell'interpretazione vocale: Poi canta in tono nasale standard**, già robotico di suo, filtrato con un vocoder, credo, probabilmente tunnato. Si lascia andare giusto a qualche bel falsetto, evitando giochi d'ottave e esagerazioni modello Vasco Rossi, di cui resta comunque forte l'impronta sintattica e l'intercalare sporadico di sospiri e gemiti.
Voglio fidarmi di un diploma in chitarra jazz sul suo curriculum, e del video di Tubature, con Poi che suona anche basso e batteria - e si capisce che li sa suonare davvero - per dire che la composizione sia opera sua in ogni dettaglio. Cazzo esagerato, Giorgio, bravo.
È uscito per Bomba Dischi e ha l'effetto Marina di Rocco Granata, per la storia della nostalgia topica.
Ho imparato alcune canzoni a memoria, prima tra tutte Niente di strano, con Marinelli nel video. Magari parti da lì.
*Discuss.
**Cit. e semicit. degli Offlaga hanno rotto il cazzo e io non riesco a smettere.
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