Giovanni Allevi è fatto così. I capelli ricci e disordinati, gli occhiali con la montatura in plastica, la t-shirt casual, i jeans slavati, le Converse ai piedi (magari anche un po' sporche), il sorriso stampato sulla faccia, rivelano una personalità timida ma non troppo, riservata ma non troppo. La parlata, dalle influenze marchigiane, è colta, ma non troppo. Un uomo equilibrato, insomma. Una di quelle persone che vengono definite "eterni bambini", anche a trentotto anni suonati, come lui, che è fatto così.

Giovanni Allevi è fatto così. Mentre parli con lui, magari davanti ad un bicchiere d'aranciata (in estate) o ad una tazza di cioccolata calda (in inverno), ti sembra una presenza come tante altre, simpatica, giocosa, un po' schiva, senza troppi fronzoli. Uno come tanti. Il discorso si complica leggermente nel momento in cui tu sei in basso, al buio, con tanti uomini e tante donne, dall'aria un po' aristocratica, e lui è là, in alto, con un riflettore addosso, davanti ad un nero e lucido Bogendorfer, mentre il tempo si riflette su un parquet un po' sciupato. E allora, finalmente capisci chi è Giovanni Allevi. Uno come tutti noi, e nello stesso tempo, paradossalmente, uno diverso da noi. Sicuramente, non siamo solo noi che ci poniamo questo dilemma dal sapore insondabile. Giovanni Allevi è fatto così: l'avranno sicuramente compreso i professori del conservatorio quando, tanto tempo fa, mentre Giovanni era intento a suonare un brano, un membro della commissione lo interruppe, rivolgendosi ai colleghi così; "Questo o ha copiato, o è la reincarnazione di Brahms". L'avranno sicuramente compreso i rettori di filosofia, alzandosi in piedi per applaudirlo e per consegnarli il tanto agognato- e meritato- diploma ("Il Vuoto nella fisica contemporanea"), anni e anni fa. E naturalmente, si sarà capito al Blue Note di New York: quando si sentiva risuonare in lontananza il passo veloce e nervoso di Giovanni, si capiva che quella serata sarebbe rimasta impressa in corpo e spirito per moltissimo tempo. Il Blue Note di New York: il tempio della musica classica, varcato dai più grandi pianisti di sempre, fra cui solo un italiano. Anzi: un italiano accompagnato da un doppio sold out. Giovanni Allevi. Perchè lui, è fatto così.

"Vedo la città da questo strano vetro. Non sono mai stato dentro un'ambulanza. Un volontario della Croce Rossa mi tiene la mano sulla spalla e dice che devo stare calmo, perchè il Policlinico è vicino. Forse per l'eccessiva gioia, la grande emozione o la tensione accumulata, proprio oggi, dal rientro dal tour in Cina, sono andato in tilt sul marciapiede sotto casa. Si parla di un attacco di panico, o di una cardiopatia, e per la mia mente paurosa è possibile che non sopravviva ai prossimi 10 minuti. Ripenso a quanto bello è il cielo, il traffico, la quotidianità o l'essere semplicemente vivi. Quanti sorrisi non ho regalato, quante emozioni non ho ancora vissuto, quante volte ho offuscato i miei sogni dietro i fantasmi della paura… Se dovessi uscire di qui, canterò con la Musica la gioia del vivere, ogni momento bello o brutto, qualunque sarà la mia condizione".

Giovanni Allevi è fatto così. Quando una cosa la dice, la promette sempre. Sia che lo faccia capire in modo implicito ("No Concept" del 2005, uno dei dischi italiani più venduti su iTunes), sia che lo faccia capire in modo esplicito (con la frase trascritta sopra). Giovanni e la musica sono una cosa sola, una simbiosi imprescindibile che si alimenta a vicenda. Giovanni ama la musica, la musica si mette al servizio di Giovanni: e la relazione salta subito all'occhio, pardon, all'orecchio. Giovanni Allevi è fatto così. La sua musica viene definita "classica contemporanea": una base classica, artisticamente ineccepibile, ma che suona incredibilmente attuale, priva dello stile serioso e delle barocche ridondanze tipiche dei compositori ottocenteschi. Veleggiando fra un re bemolle ed una chiave di sol, Giovanni riversa sulle sue falangi tutti i suoi sentimenti, mescolati eccellentemente con l'amore e la -straordinariamente rara- freschezza compositiva. Una cascata di suoni, in un'alternanza elegante e leggiadra di bianco e nero, nero e bianco, flusso continuo e veloce. Giovanni è fatto così: davanti ad un pianoforte, dà il via ad un'inebriante corrispondenza dei sensi, fra toccate pop, tributi classici, reminescenze jazz, spruzzate minimalistiche. Ed è per questo che piace sia al cinquantenne in gessato, sia al quindicenne vestito casual come lui, che si immagina già la scena di Giovanni seduto al pianoforte, concentrato e rilassato, con le dita in rapido movimento sulla tastiera, la pioggia battente alle finestre, un inutile spartito appoggiato e dimenticato qualche metro più in là. Perchè la musica è emozione, passione, e non un insieme di pallini bianchi e neri congiunti da alcune stanghette. Giovanni Allevi, è fatto così.

Ed ecco il marchigiano che trasporta la sua esperienza drammatica (il collasso sotto casa) in una canzone leggera, coinvolgente, in alcuni punti commovente per la sua sincerità solare, che nulla ha di disperato o cupo: "Panic" è una composizione razionale e sentimentale, che viene dal cuore. La frenesia di "Portami Via", un nervosismo leggero e semovente che si apre come un bocciolo in primavera, per poi richiudersi e concludersi con un secco, eppure emozionante, epilogo, è la diretta conseguenza della precedente "Panic". L'album non ha una chiave di lettura prefissata: l'ordine delle canzoni non è casuale, unito insieme forma la piccola storia di Giovanni Allevi. E come la dormiente e raffinata "Downtown" precede la vivace, gioconda "Water Dance", in un turbinio di note, colori e sensazioni (come l'infanzia che succede alla nascita, al concepimento, vissuto come attimo meditativo), allo stesso modo l'arpeggiante "Viaggio In Aereo", dalle tonalità leggermente inquietanti ed incomplete si lega armoniosamente all'opera tributaria "Follow You", un concentrato di andate e ritorni malinconici, come il sole fioco di novembre, che soccombe spesso al buio, ma non per questo è visto come un momento di tristezza, in quanto la tenebra ha (e avrà) sempre la sua fine, nella rinascita della vita e della gioia di vivere.

"Vento d'Europa", il capolavoro del disco, ha un andante movimentato ed orientaleggiante, una vera e propria brezza che soffia sui prati verdi e sulla praterie brulle, gonfiandole di bellezza. Superba la prova di Allevi, convinto e convincente al punto giusto, e anche di più. La lunga e riflessiva "L'Orologio Degli Dei", una meditazione sull'infinito e sui suoi limiti razionali, accompagnata da un tocco morbido, che rasenta in alcuni punti la celestialità, è la degna apertura all'inno "Back To Life", nel quale si celebra la vita come momento magico e unico, delicato e fragile, un vero e proprio specchio in cui ognuno ci si può riflettere. E non mancano di certo gli episodi dai toni più allegri e spensierati, come "Jazzmatic", con il suo swing pianistico irregolare, quasi distorto, un vero e proprio divertimento, un Joy a cui nessuno rinuncia. Perchè Giovanni Allevi è fatto così. La lenta e romantica "Il Bacio", una scoperta che turba l'animo del soggetto lasciato alla lontana "Water Dance" nel pieno dell'infanzia, è permeata di dolce malinconia, con echi di Mozart e genialità alleviana. E la chiusura è una vera e propria ciliegina sulla torta: "New Renaissance", una danza sulle punte, un elogio della bellezza del semplice e del comune attraverso gentili e velocissime toccate in tono alto, che si aprono spesso in raffinatezze stilistiche tipiche di Giovanni, un uomo come noi eppure diverso da noi.

Un album che conquista il cuore di ogni persona. Perchè è diretto, semplice, genuino, sincero nella sua raffinatezza nascosta. Perchè è un inno alla vita, come Giovanni ci aveva promesso. Perchè il suo ascolto facilita lo scorrere inesorabile del tempo. Perchè, in mezzo a riflessioni meditative e complesse, c'è spazio per lo svago. O meglio, anche per lo svago. Ma d'altro canto, Giovanni Allevi è fatto così. Requiem.

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