Il filo della sperimentazione è sempre teso, da vent'anni. E sul filo un uomo capace da sempre di stare avanti a tutti.

Questo lavoro di Giovanni Lindo Ferretti dà credito alla sua coerenza di artista innovatore che gli ha permesso di compiere le rivoluzioni più importanti nel contesto della musica alternativa italiana.

Quello che emerge all'ascolto è un amalgama di suoni frammentati e poesia d'avanguardia, fusi da un tappeto incessante di batterie elettroniche capaci di sostituire i vecchi ruggiti della chitarra di Massimo Zamboni, che comunque a tratti ritorna in citazioni evocative dei CCCP. In realtà si può uscire confusi, sballottati dal primo ascolto, ma bisogna fidarsi dell'incriticabile tecnica poetica dell'artista emiliano, ritornato alle sentenze caustiche degli anni 80, le frasi lanciate nell'onda del suono con la stessa rabbia, rabbia che sfuma però in una sorta di pazienza frenetica, di frenesia paziente.

Perché il monotono rincorrersi delle sentenze quasi mai si lascia andare al grido vero e proprio; è semmai un urlo strozzato in gola quello che gli fa affrontare ancora i temi della guerra, dei mali dell'occidente, delle strane metropoli che gli uomini son riusciti a disegnare ("la civica città m'allergica" Barbaro).

E' un album in cui sembra momentaneamente scomparso il miscuglio di magia e melodia proprio dei CSI, quel magma pacifico e al tempo stesso violento che aveva permesso alla rock-band più importante degli anni novanta di narrare con efficacia i disastri dei Balcani e la poesia della Mongolia. D'altronde l'unico sopravvissuto, Zamboni, ha collaborato solo a qualche traccia dell'opera di Ferretti, che per l'occasione si è affidato invece ad apprezzabili musicisti, come Bernocchi alla programmazione delle batterie elettroniche che tanto hanno influnezato il disco, diventando sostanza e non mero accompagnamento; il giapponese Kondo alla tromba è autore di inserti molto suggestivi nel percorso inimmaginabile tra Berlino, Roma e Tokyo.

Berlino, di nuovo Berlino, come venticinque anni fa; allora Ferretti e Zamboni erano gli abitanti e osservatori di una città futuristica ancora occupata dalle vecchie storie, culla della schizofrenia che poi fu alla base del felicissimo progetto dei CCCP.

E se l'inquietante panorama suggeriva Live in Punkow, Militanz e altre dissacranti ballate, vicine più al punk mitteleuropeo che a quello originale inglese, oggi, alle soglie dell'apocalisse tecnologica, Berlino scatena la forza espressiva di un artista che per tutta la vita ha deciso di cavalcare l'onda anomala.

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