Quando mi taglio, mi scortico, mi sfregio uso sempre il Bushmills al posto dell'alcol per disinfettare le ferite. Funziona uguale e mi dona quell'odore che presto si tramuta in puzzo da ubriacone. Il Bushmills, però, di solito lo bevo. Mi fa bene e soprattutto mi piace. Cancella la patina dalle papille e crea la sua. Difficile che qualcuno stia a sentirti dopo che l'hai bevuto. Quindi aliena, e lo fa bene. E' proprio quel genere di alcol che ha qualcosa di campestre, di poetico e di disadattato.

L'ho bevuto anche sul Giant's Causeway, qualche anno fa, dove giocava e in casa. Appena l'ho mandato giù intorno s'è ricreata subito l'atmosfera di casa mia, che per quanto ne abbia una vera, quella che sento mia mia è un albergo interiore dove ogni tanto viene qualcuno a farmi visita. Quel giorno non è venuto nessuno. Ho pensato che il posto era bello, disegnato dagli dei dell'ordine e del disordine insieme. Ma era disabitato, come me in quel momento del resto. Ho pensato che il mare stava suonando la sua fantasmatica elegia che dura dal primo giorno della terra e che tutti si bloccano, dicono "che bello il suono del mare" e poi se ne vanno e ritornano alla loro vita. Parla da una cifra di tempo ma in fondo nessuno lo ascolta. Se avessimo ascoltato ciò che ha da dirci, probabilmente si sarebbe fermato. Non volevo essere io il primo a dargli retta, per cui ho fatto finta di niente e me ne sono andato. Con un pensiero in testa. Ovvero che forse quello è un posto di fantasmi. Fantasmi di uomini, di generi, di pesci.

Ho da poco ascoltato un disco che mi ha fatto subito tornare al periodo in cui ho vissuto in Irlanda. E' di un gruppo di quelle parti. Un trio che, immagino, possa capire bene cosa ho scritto fino ad ora. Questo disco, "Dead To Me", conferma che in certi posti vivono fantasmi perché puoi non esser più lì, e anche a distanza le cose ti appaiono chiare. Al confine tra Dio e gli uomini c'è una musica che non è mica chissà che, anzi, crea un muro troppo alto da scalare, sia per l'uno che per gli altri. Un muro fatto di sonorità chiuse ormai da tempo e pur ancora attuali nel 2011. Post-punk e shoegaze che hanno perso di vista un orizzonte certo e fanno intrattenimento per spiriti che bevono spiriti e che passano il tempo in attesa dell'eternità, generandola paradossalmente. E' un disco che si presenta bene, che fa il suo con doviziosa cura, che ti fa pensare a un asse che collega i lontani Smiths ai vicinissimi J&MC e Crystal Stilts. Insomma, un disco del cazzo, verrebbe da pensare anche a me. Però preciso. Un'opportunità che si sono creati da soli riuscendola a sfruttare in pieno. Un modo di farti sentire il classico cieco perché non vuoi vedere. Eppure basta ascoltare, basta dare retta alla musica per capire il mare, basta farsi stimolare per capire che in certi posti albergano vecchie illusioni che non cederanno mai spazio a nessuno perché sono finite nel limbo della trappola. Basta cantare queste melodie efferate, che malcelano cattiveria, per capire la distanza tra la carne, le ossa e chi le ha create. Basta questo per convincermi di essere ateo.

Bevo troppo ma non mi basta. Pardòn.

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