Il più bel film italiano del 2021? Si chiama " Ikos" di Giuseppe Sciarra.

Giuseppe Sciarra è un giovane regista pugliese che consiglio di tenere d'occhio, perché se le premesse sono quelle che abbiamo visto nel suo breve documentario "Ikos" siamo di fronte a un futuro grande regista cinematografico.

"Ikos" verrà presentato in anteprima a Roma prossimamente. Ho avuto il piacere di vederlo in esclusiva e ne sono rimasto a dir poco colpito. Il corto è scioccante e commovente, un capolavoro per quanto mi riguarda. Parla in modo crudo ma allo stesso tempo delicato di una storia di ingiustizia taciuta per anni da Sciarra cercando di non strappare allo spettatore la lacrimuccia facile ma piuttosto mettendoci onestà e tanto cuore nella narrazione elegante e nella poesia delle immagini, quadri d'autore che vi resteranno impressi a lungo (l'immagine di Sciarra in silhouette che cita L'urlo di Munch o dove il regista è completamente nudo su dei rovi).

Giuseppe Sciarra attraverso filmati della sua prima comunione fa raccontare e interpretare la sua storia a un eccellente e indimenticabile Edoardo Purgatori (in odore di valanghe di premi). Siamo nell'Italia degli anni novanta, quella di Tangentopoli, di Berlusconi, Forza Italia e di programmi televisivi cult come Non è la Rai, Stran'amore o Carramba che Sorpresa. Un'Italia che crede nella sua rinascita dopo le stragi di mafia, in cui l'opulenza e il benessere economico pian piano iniziano a avere i primi cedimenti. In questa Italia che spera ancora e vive di apparenze un bambino la cui colpa è essere indifeso e puro pagherà cara la sua ingenuità in un sud Italia machista e mafioso tutt'altro che marginale. In Ikos si infrange un tabù, uno di quelli più ostici per l'opinione comune, perché i mostri che Sciarra accusa a gran voce di avergli rovinato la vita non sono gli adulti ma dei bambini, dei bulli che con violenze verbali, fisiche, calunnie e scherzi crudeli spingeranno al suicidio un loro coetaneo colpevole di non essere come loro.

Una storia cupa, quella del regista foggiano che trova forza in una rappresentazione atipica e originale. Ed è proprio questo che rende "Ikos" un documentario sui generis, perfino sperimentale, l'utilizzare immagini di repertorio alternate a immagini simboliche dove Sciarra e Purgatori ci mostrano un martirio che cita nella messa in scena tra sacro e profano, Pasolini, Fellini, Sorrentino. Raccontandoci anche qualcos'altro, una rinascita per mezzo di atti di psicomagia alla Alejandro Jodoroswky. Il sottotesto magico esoterico di Ikos è più che evidente e incanta. Poteva appesantire o banalizzare la vicenda ed invece la magia di certe sequenze misteriose confezionate ad hoc dai due direttori della fotografia (Andrea Natale e Enrico Manfredi Fratarelli) rende Ikos un'opera d'arte dove il cinema italiano si riappropria della sua dimensione onirica grazie a simboli magici come la luna, il sole, un'antica maschera africana e un dio oscuro amato da Jung che si chiama Abraxas tatuato sul braccio di Sciarra. Da vedere assolutamente appena verrà presentato.

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