Dopo il debutto di "Everything you know about silence", disco decisamente grezzo e potente, torna la creatura prodotta dal "re mida" di quel periodo (quando l'Emocore era per pochi...) ovvero Daryl Palumbo.
Band forse sopravvalutata, forse sottovalutata i Glassjaw si sono imposti senza piegarsi alle classiche regole del mercato discografico producendo, come già detto, prima un grandissimo album contenente "Siberian Kiss" (misto di rabbia e delusione racchiuso in una canzone) poi il naturale seguito quale "Worship And Tribute".
Prodotto sempre da Ross Robinson, che li ha seguiti dalla RoadRunner alla Warner, l'album è sicuramente meno diretto del precedente e forse manca di spontaneità. Palumbo modera di più la voce che rimane comunque emozionante e particolare. Lasciando perdere i paragoni (...che comunque vanno fatti per dovere di cronaca) "Worship And Tribute" si apre con una canzone che poteva benissimo stare nell'album di debutto. Infatti "Tip Your Bartender" è puro caos. Il seguito spetta a "Mu Empire" e al singolone "Cosmopolitan Bloodloss" con un ritornello molto "catchy".
"Pink Roses" (veramente bellissima) e la cattivissima "Stuck Pig" sono le più potenti del disco che si contrappongono di netto a due pezzi che mai e poi mai ti saresti aspettatto dai Glassjaw. "Ape Dos Mil" (secondo singolo), canzone EMOzionante e morbida e "Must've Run All Day" ancora meno schitarrata dell'altra ma ricca di spunti di classe. Dopo un punk-rock di circa 3 minuti, "Radio Cambodia", le ultime due canzoni sono veramente fantastiche. "Trailerpark Jesus" parte tranquilla con una voce che per certi versi ricorda il Brandon Boyd degli Incubus più mosci, per poi destreggiarsi tra chitarre ultra-hard e batteria ben pestata. Infine in "Two Tabs of Mescaline" Palumbo trova anche il tempo di parlare della sua malattia (cosa che non aveva mai fatto), il morbo di Crohon.
Piccola curiosità riguardo al titolo dell'album è dovuta alla sua nascita: creatosi nella mente di Palumbo ancora in adolescenza, è il frutto della sua passione per i film cult nipponici di Godzilla, vero idolo del cantante e descritto dalle sue stesse parole come un esempio di vita che lo aiutò a crescere e maturare, ambizioso e potente, giusto come la musica dei Glassjaw, ambiziosa di poter emozionare e potente nel suono. Dopo soli due album e 4 anni di silenzio i Glassjaw ritorneranno (non si sa se ci sarà un nuovo album), faranno da spalla ai Deftones nel loro tour americano e speriamo anche nella data milanese della band di Moreno.
Magari un giorno la stella del Glassjaw tornerà a splendere negli occhi di chi li ha amati, di chi ha provato emozioni ascoltando le semplici parole di Daryl, grazie alle quali gli stessi occhi che hanno visto i cinque uscire dal piccolo quartiere potranno nuovamente riempirsi di rabbia e di lacrime, emozionarsi e cadere disperati.
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