I Glaxo Babies sono uno dei vari gruppi (assieme a Maximum Joy, Rip Rig & Panic, Pigbag) generatisi da una costola del seminale Pop Group, gruppo nato sul finire degli anni settanta, autore di un funk/punk(punk solo perché nessuno sapeva suonare bene il proprio strumento) psicotico e stralunato che vede il suo massimo apice nel formidabile album d’esordio Y.
Membro fondatore dei Glaxo Babies è Dan Catsis, bassista presente nella registrazione del sempre formidabile secondo album del Pop Group ”For How Much Longer Do We Tolerate Mass Murder “ che, assieme a Tom Nichols e Tony Wrafter darà alla luce nel 1980 questo "Nine Month To The Disco". L’album, interamente strumentale se si escludono delle voci preregistrate, parte sparatissimo con Maximum Sexual Joy(riferimento appunto ai Maximum Joy), sorta di Outtake del “Gruppo Pop” sopraccitato, un funky frenetico e diretto con intrusioni di voci trattate e filtrate. Fin qui comunque roba già sentita (anche se fatta bene), è da This Is Vendetta che le cose cambiano; l’album acquista un alone cupo e criptico, nere linee di basso ed echi di rullante dalla luce al sottosuolo più profondo. La sgemba struttura di Seven Days viene trasfigurata da un piano libero da regole e da punteggiature di tromba che creano affanno ed una certa ansia. Solo la linea di basso è ben definita, un tratto deciso su sfumature multicolori. Un’orgia di fiati domina Electric Church, sketch cabarettistico suonato da dei Residents sotto anfetamina. Chiude il primo lato la Title Track, dub con batteria in reverse sempre su tinte scure e forti.
Il secondo lato riparte come il primo, Promise Land è un martellante 4/4 accellerato sommerso da una marasma di voci con crescendo finale rumoristico fino all’implosione. Passando per la cantilena da Film horror di The Tea si riparte a gran velocita con Free Dem Cells, fantastico pezzo che tutti i burattini punk/funk di adesso dovrebbero imparare a memoria (memorabile il giro di basso). Insomma, i Glaxo Babies giocano con le percezioni dell’ascoltatore, spiazzano per gli improvvisi cambi umorali che in comune hanno solo un animo primitivo e rude, tendono a creare dense ed immobili nuvole di fumo per poi squarciarle con improvvisi e monolitici blocchi funk (appunto Maximum Sexual Joy, Free Dem Cells, Conscience, in cui chissà perché mi vengono in mente i Theoretical Girls, i Contortions e qualche altro rantolo No-Wave) creando un‘opera non per tutti, dove solo l’ultimo brano, Shake The Fundation, si adagia su classici canoni risultando di fatti fuori luogo.
La copertina dell’album dice tutto, un’affascinante schizzo a colori vivaci dove le tinte nere risultano brutali, e perciò ancora più sensuali.
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