Ma perchè la maggior parte dei gruppi al di sopra dell'eccellenza ha vita breve... Non lo so, ma vediamola in positivo, non c'è una sbavatura nella discografia dei Goatsnake: quattro EP, uno split, due Full-Length, un best of (io ooooodio i best of), diciamo che hanno lasciato un bel pò di roba buona prima di chiudere i battenti.

"Trampled Under Hoof" è l'ultimo minicapolavoro, ha tutto ciò che si può chiedere ad un EP, non si può far divertire il pubblico se il musicista stesso non è il primo a divertirsi, e Pete Stahl si diverte, cazzo se si diverte, fa quello che vuole, i riff di Greg Anderson sono acidi, ruvidi, sono la base che ogni singer cerca, ti lasciano libertà di agire e Pete questa libertà la sfrutta alla grande.

La sua voce sta allo stoner come quella di Robert Plant sta all'hard rock, tecnicamente si possono avere delle perplessità sull'abbinamento ruvido-melodico dei Goatsnake, ma Pete è la competenza, fa sempre la cosa giusta, e quando meno te l'aspetti tira fuori la sua personalissima armonica a bocca per stupirti, per lasciarti secco..

"Portraits Of Pain", "Black Cat Bone" e "Juniors Jam" sono l'ultima dimostrazione del loro doom che ti fa sentire come il sole colpisce le pietre e tutto questo li rende accessibili a tutti..

Chiudono con i ringraziamenti che passano attraverso la cover "Burial At Sea", omaggio ai Saint Vitus (chiarissima l'influenza di Scott Reagers su Pete) e un'altra cover, "Hot Rod" dei Black Oak Arkansas, per omaggiare il Southern in generale.

"Trampled Under Hoof" chiude un ciclo sbalorditivo, grazie di tutto!

"river, hearing me, please take my heart gently... to the sea

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