De...Marga... & Galensorg Productions presenta...
Ha voglia di cambiare Justin Broadrick, di rimettersi ancora una volta in gioco con la sua immane creatura. Per questo abbandona la storica label "Earache", per sempre essa sia lo(r)data, per approdare alla "Music For Nations", altra etichetta discografica che non ha bisogno di molte presentazioni visto la sua importanza storica per quanto riguarda la musica pesante.
E per il secondo disco consecutivo decide anche di utilizzare una batteria umana, lasciando in disparte la drum machine; viene scelto Ted Parsons, già agitatore sonoro nei Prong. Il suono che scaturisce dal disco è sicuramente più dinamico e guarda il remoto passato della band, quello più industriale, pesante ed ossessivo; la componente Dub/Elettronica che aveva caratterizzato i precedenti due dischi, pubblicati sul finire degli anni novanta, viene quasi del tutto abbandonata. Questi sono i GODFLESH che prediligo, punto e a capo!!!
Rumorosi "Inni" claustrofobici e densi di nero umore; tredici brani che vanno ad erigere e comporre l'opprimente muro sonoro creato dalla band. E' la chitarra di Justin a dettare ritmi compatti ed esasperati; con in aggiunta la sua voce semi-growl sempre del tutto comprensibile. Senza dimenticare la scansione metrica del basso mostruoso e fiero del compagno ed amico di lunga data G.C. Green; con quella batteria che aggiunge ulteriore pesantezza al tutto.
Un lampo caldo di scintille viene rappresentato nella copertina dell'album; potrebbe essere un enorme arco elettrico di saldatura di una mostruosa industria metallurgica. Ma la sensazione che avverto nell'ascolto dell'interminabile lavoro, oltre settanta sono i minuti, non è di calore; anzi siamo da tutt'altra parte. Gelo, ghiaccio, freddo intenso: un capolavoro meccanico.
Dopo la pubblicazione del disco, siamo nel 2001, Justin metterà la parola fine (per fortuna momentaneamente) ai GODFLESH; ripartirà con i Jesu, prendendo spunto per il nome proprio dall'ultima canzone di "Hymns".
Il disco non è quindi dei più allegri e lo dimostra perfettamente l'inizio subito possente e angosciante, con "Defeated" che rappresenta il senso di sconfitta e la voglia di riscattarsi.
"Deaf, Dumb & Blind" e "Paralyzed", dalle chiare influenze del cosidetto Nu Metal primordiale, sono un agglomerato di dissonanti armonici e riff paurosamente aggressivi, quelli che ti mettono voglia di saltare e spaccare ogni cosa che ti circonda.
Le atmosfere si fanno ancora più cupe con dimostrazioni di Metal dittatoriale, con "Tyrant" e "White Flag" a dettare legge su lenti e monolitici ritmi.
Ma è con brani come "Anthem" e "Regal" che comincia il vero e proprio distaccamento con le origini Godfleshiane: la creatura sta crescendo, si è evoluta nel corso degli anni e sta quasi per lasciare il proprio nido. Justin da un taglio netto con le vocalità gutturali e dimostra di saper fare buon uso anche di una voce pulita e tormentata, bisogna dirlo.
Le sonorità restano dissonanti e distorte ma nelle liriche e nell'aria c'è qualcosa di diverso: Justin decide di mostrare un lato della sua persona che forse mai prima d'ora era uscito allo scoperto, un lato emotivo e straziato. I suoi sentimenti più intimi vengono incorporati in questi due eccelsi brani, dando grande anticipazione di quelle che saranno poi parte del sound chiave del progetto Jesu.
Vorrei concludere citando il brano che di nome fa, appunto, "Jesu". Una bestia meccanica fatta di Doom/Industrial che avanza lenta, sbraitando contro qualsiasi cosa si possa mettere tra essa ed il proprio cammino.
Segue immediatamente la traccia fantasma "If I Could See", dove troviamo un Justin sussurrante su delle fondamenta dal vibe decisamente elettronico.
Sarebbe stato un canto del cigno mostruoso ma seguirà, a distanza di 13 anni, un altro disco intitolato "A World Lit Only By Fire".
De...Marga... & Galensorg
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