"Human nerve cells growing on a microchip"
Così si può leggere nei credits dell'album a riguardo dell'immagine che campeggia sulla copertina di Selfless, terzo disco sulla lunga distanza dei Godflesh. Siamo negli ultimi mesi 1994 e due cose mi colpirono immediatamente prima ancora di ascoltare il vinile ed approfondire la conoscenza di un altro degnissimo capitolo della creatura industriale creata, plasmata da Justin Broadrick. Innanzitutto le dichiarazioni di Justin che definisce il lavoro come quello più "Rock'n'Roll" da quando ha messo in piedi, sul finire degli anni ottanta, la sua bestiale entità. Ed infine il passaggio ad un etichetta discografica di maggior peso come può essere la Columbia Records, anche se la storica label Earache, che si era occupata di tutte le uscite precedenti, non viene messa in disparte, distribuendo l'album sul suolo Europeo. La parola Rock non deve in ogni caso far pensare ad una svolta del sintetico suono della band; ci troviamo sempre di fronte ad immensi e ripetuti blocchi di riff della sei corde, ai quali si unisce l'onnipresente basso che detta le trame da seguire nello svolgimento dei brani. Ma il risultato finale è molto più controllato, fluido, con la voce di Justin che abbandona il disperato growl dei primi lavori per una pulizia canora più volte spiazzante. Non mancano le solenni dolorose frustate che si ricavano nell'ascolto dell'iniziale "Xnoybis" o del martellante singolo "Crush My Soul": Mega-Techno-Metal che tracima di colate siderurgiche industriali di debordante potenza. Come dei Nine Inch Nails immersi in un altoforno ad altissima temperatura pronto ad eruttare tonnellate di acciaio incandescente. I puristi del suono Godflesh non apprezzeranno molto questa sorta di svolta "commerciale" della band; siamo sicuramente lontanissimi dalla impenetrabilità e dalla totale brutalità di Streetcleaner, ma Selfless resta a distanza di anni un ottimo esempio della continua evoluzione, della continua ricerca sonora che ha sempre caratterizzato la carriera in musica di un personaggio così importante per il Metal, tutto senza distinzione di generi, come può essere considerato Justin Broadrick. Purtroppo il disco venderà un numero di copie molto al di sotto delle attese ed il capitolo major può già considerarsi concluso; chissà cosa credevano di trovarsi per le mani i caporioni di turno della Columbia...Buon per noi altri comunque visto che a tutt'oggi i Godflesh continuano una onorabilissima carriera senza mostrare cedimenti...ANYTHING IS MINE...
Ad Maiora.
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