Godsmack...Alice In Chains, Faceless...Facelift. Il parallelismo è evidente, forse un po' troppo.

Il gruppo che ha per frontman Salvatore Paul Erna sta vivendo un po' di rendita grazie ai successi precedenti e grazie al valore della band a cui ovviamente si ispira.

Dal 1998, dall'omonima opera, le caratteristiche dominanti erano l'aggressività dei riff, la facilità di ascolto, il tutto contornato da una voce strabiliante simile un po' a Layne Staley, un po' a James Hetfield.

Dal secondo album l'evoluzione è chiara: da "Awake" a "Faceless", cornice ben riuscita di videogiochi e film seguita da "The Other Side" con la sei corde di Tony Rombola e la voce di Sully che si amalgamano quasi alla perfezione nel primo EP acustico, per arrivare a "IV" nel 2006. In tutto questo tempo abbiamo potuto assaporare 10 anni di Godsmack, che purtroppo non sono stati gustati appieno. Il denominatore comune di tutti i cd è stata la mancanza di originalità e fedeltà agli Alice in Chains.

Finalmente, dal 4 Maggio abbiamo la possibilità di porgere l'orecchio a "The Oracle", album che non presenta nessun cambiamento, lo stile purtroppo è rimasto lo stesso: riff potenti, che portano a ritornelli trasportatori ma che mancano di aspetti interessanti o ricercati musicalmente. La tecnica è indiscutibile, mi colpisce sempre Shannon Larkin, stupefacente batterista. La possenza del suono è altrettanto ineccepibile.

Nessun brano si contraddistingue particolarmente, d'altronde come ha dichiarato il cantante un cambiamento sarebbe inutile o quasi, considerando i dischi venduti e i numerosi fan. In effett i i fan sono molti e io sono uno di loro, ma non possiamo ascoltare sempre gli stessi Godsmack, voglio un cambiamento come penso lo vogliano molti altri sostenitori. Le mie 3 stelle stanno ad indicare la tecnica e il grado di piacere nell'ascoltare i prodotti della carriera del fantastico gruppo ma in quanto ad originalità quest'ultima "fatica" meriterebbe una stella, finalizzata all'aspetto economico della musica più che al piacere di comporre. In conclusione un album da non comprare (inutile spreco vista la possibilità di attingere alla musica nei giorni nostri) ma da ascoltare, speranzosi del fatto che la formazione del Massachussetts non si limiti ad ascoltare solo Alice in Chains e riesca ad evolversi come fecero in passato.

Buon ascolto.

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