I Godsmack si rifanno il trucco. Senza eccedere nel processo di avvicinamento alle sonorità rock moderne, la band dell'ormai cinquantenne Sully Erna torna a testa alta e ringiovanita di qualche anno con un album dal titolo autoreferenziale:" When Legends Rise". Ai più i Godsmack non saranno mai parsi come delle leggende e non lo sono (eccetto a Boston), ma il coraggio di continuare a spingere sempre sull'acceleratore non è mai mancato al quartetto del Massachusetts, diventando un carattere distintivo in una giungla, oggi parametrabile ad una caotica rete web, in cui ormai tante realtà di giovani band giocano a fare i cattivi più sui social e sulla loro pelle che in sala di registrazione.
"When Legends Rise" è il primo disco in cui Sully Erna ha deciso (lui o la casa discografica non è dato sapersi) di sostituire in fase di produzione Dave Fortman, a lavoro negli ultimi due album, con Erik Ron, giovane musicista e produttore americano già a lavoro con Panic At The Disco! e Blessthefall; in sostanza tutt'altra musica rispetto alle sonorità canoniche dei Godsmack, che però non risentono negativamente di queste nuove influenze, traendone invece dei punti di forza.
La coppia di tracce "When Legends Rise" e "Bulletproof" pur restando nel perimetro della band e nelle note ondulate di Erna, suo marchio di fabbrica, esprimono un rock moderno anche per via del modo in cui suona la chitarra di Tony Rombola, meno cruda e più ovattata, e per un'elettronica mai ingombrante.
L'altro aspetto che caratterizza il disco è un ritorno, questo si al passato, a delle sonorità hard rock che sostituiscono in parte il loro metal; le distorsioni di "Unforgettable" suonano Metallica anni novanta, i coretti, quelli logori e abusati delle produzioni moderne, accompagnano senza irrompere. C'è come sempre spazio per il lato più intimo di Erna, già sfoggiato a pieno nel suo lavoro solista "Avalon" e dal quale, richiamando la violoncellista americana Irina Chirkova,ripropone il meglio in "Under Your Scars", tra i brani chiave del disco.
L'ultima parte dell'album, un pò corto nella sua durata inferiore ai quaranta minuti, lascia i Godsmack un pò più liberi di esibirsi in un hard rock canonico ma non indimenticabile, in cui si contraddistinguono le tracce "Let It Out" e "Eye Of The Storm", con quest'ultima che chiude il disco confermando la natura di un album appropriato ai tempi moderni.
Come descritto i Godsmack non hanno composto l'album della vita ma un buon disco hard rock allineato sapientemente al presente e che in un panorama da tempo a secco di qualità e soprattutto di idee, aquisisce ulteriormente valore. Senza nè strafare nè lasciarsi andare totalmente alle mode del momento, restando ancorati all'identità che li ha caratterizzati in venti anni di carriera dove il rock duro a stelle e strisce ha avuto modo di apprezzarlii, i Godsmack risorgono, non proprio come delle leggende ma certamente come dei gran musicisti e professionisti.
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