Sono all'incirca le 16:00 quando io e mio cugino arriviamo all'Estragon, locale abbastanza rinomato a Bologna per concerti e serate. Il locale è preceduto da un ampissimo terreno asfaltato adibito penso a parcheggio, ma questa volta completamente vuoto, c'è un caldo afoso e in lontananza notiamo delle figure non ben definite, alla Lawrence D'Arabia, che però scompaiono subito dietro un pullman rosso proprio vicino al locale dove i Godspeed You! Black Emperor si esibiranno. Subito mi viene da pensare che siano delle persone in attesa dell'inizio dello spettacolo, ma avvicinandoci improvvisamente notiamo una persona con una folta barba e lunghi capelli ricci e neri che con un guantone e una pallina da baseball insieme penso a uno dei roadie ci affianca, dirigendosi però nella direzione opposta alla nostra.
Quell'uomo dall'aspetto poco raccomandabile è Efrim Menuck, uno dei fondatori della band, che ricambia in maniera un po' sorpresa il mio "Hi" stentato, e dico "sorpresa" perché evidentemente io e mio cugino ci siamo anticipati un po' troppo essendo il concerto previsto tra cinque ore. Comunque in una maniera o nell'altra, dopo averlo visto scambiarsi amichevolmente qualche passaggio di palla con il suo amico, mi avvicino e gli chiedo di autografarmi la copertina del cd Lift Your Skinny Like Antennas to Heaven e lui, sorridendo, fa uno scarabocchio e scompare nel pullman. Non lo avrei rivisto fino all'inizio del concerto.
Verso le 18 iniziano a venire altri ragazzi, quattro chiacchiere con qualcuno e un paninozzo salsiccia, cipolle e piadina e si fanno più o meno le 21. Io, mio cugino e un ragazzo conosciuto sul posto iniziamo ad entrare, siamo subito in seconda fila, mi allontano un attimo per comprare il nuovo album e una di quelle magliette fighe da poser che piacciono tanto a noi ragazzi e subito ritorno al mio posto. Ad aprire è la Bozulich, cantante dei Geraldine Fibbers, e da subito è difficile non notare la sua splendida voce che accompagna la musica suonata dalla sua band che alterna pezzi più sperimentali a pezzi più immediati comunque tutti molto godibili. Il palco è imponente, non per estensione, ma per ciò che ospita: due batterie, tre chitarre, basso e contrabbasso che aiutano a prevedere ciò che più o meno da lì a poco si sentirà dagli innumerevoli amplificatori.
Silenzio, le luci cambiano colore e intensità e, un poco alla volta, iniziano ad entrare la Trudeau, Amar, Pezzente, i batteristi e infine Moya e Menuck che iniziano il concerto con un pezzo drone accompagnati da un video proiettato alle loro spalle con frasi e suggestive immagini in bianco e nero, poi si continua con l'orientaleggiante Albanian, recentemente rinominata dalla band Mladic, e verso la fine del concerto la mastodontica Behemoth inserita nel loro ultimo lavoro in studio (divisa però nell'album in quattro tracce). La band abbandona il palco e il pubblico non pienamente soddisfatto non si allontana, sperando in una loro entrata a sorpresa con qualche brano preso dai loro primi album come Moya o Sleep. Nonostante l'assenza nel concerto di alcuni loro classici, ascoltare dal vivo una band di questo calibro è un'esperienza difficile da spiegare a parole, è impossibile non rimanere coinvolti e non muovere la testa seguendo il ritmo durante i loro impetuosi crescendo musicali e non rimanere sorpresi dal cacciavite utilizzato da Mike Moya per creare specifici effetti e suoni con la sua chitarra. Il pubblico si è lasciato trasportare estasiato dalla densità sonora creatasi nel locale senza generare confusione, anche se negli ultimi 20 minuti è spuntato dal nulla davanti a me un fattone capellone che chiaramente non riusciva a coordinare i movimenti del suo corpo e a capire dove cazzo stava.
I Godspeed You! Black Emperor dopo il loro lungo silenzio dal 2012 si sono riuniti continuando a sorprendere e a suonare un tipo di post-rock che riesce a non risultare stantio rispetto a tante loro band contemporanee per l'aggressività e eclettismo delle loro composizioni. Nonostante anch'essi si stiano ripetendo riproponendo in studio pezzi suonati durante i loro concerti, e la loro proposta musicale possa non interessare più, rimangono i re incontrastati del post-rock e dal vivo più che in studio riescono a trasmettere la sensazione di stare osservando e ascoltando qualcosa di unico che non potrà essere ripetuto da nessun altro gruppo.
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