Location inusuale per l’Estathe Market Sound Festival, che si svolge in uno spazio dei mercati generali di Milano (pesce, ortofrutta ed fiori) in collegamento con il tema Expo 2015. Siamo a fine agosto ed è il tempo della tappa milanese del tour dei Gogol Bordello. Concerto iniziato con ben un’ora e mezza di ritardo (problemi tecnici? Si aspettava lo smaltire delle code alla biglietteria? Non lo sapremo mai) “allietata” da un dj, Mad Sound System che sembra non volersene andare mai… quando un elemento della crew dei GB gli dice di concludere in breve tempo la cosa viene accolta da un boato generale. Ma da lì all’inizio del concerto passerà quasi mezz’ora, trascorsa dai roadie a controllare la strumentazione sul palco. Arrivano le 22,30 e finalmente Eugene e compagni piombano sul palco, accolti da un’ovazione generale. Prime schitarrate di Hutz per introdurre le note di “Ultimate”, alla quale fa seguito una “Not a crime” cantata a squarciagola da tutti i presenti, a occhio direi un 4-5mila, era praticamente tutto pieno. Alla terza canzone fa il suo ingresso sul palco anche la scatenata Elizabeth, assente nelle prime due canzoni. E’ la prima volta che vedo i GB dal vivo, e la mia impressione dei primi due pezzi, che comunque conosco bene, è di una band monolitica e perfettamente affiatata, dotata di un’energia spaventosa. Le canzoni si susseguono senza sosta, la voglia di suonare sembra davvero tanta, in questo mi ricordano i mitici Ramones che proponevano un pezzo dietro l’altro riducendo all’osso le pause. L’impatto scenografico è essenziale: il solito striscione con la fionda dietro la batteria, con lo slogan “Familia undestructable”, luci e fumo da ghiaccio secco. Senza fronzoli, come senza fronzoli è la loro musica, che va diritto all’essenziale: si suona per i piacere di farlo, per il piacere di fare festa insieme, senza orpelli e barocchismi. Non ci sono esibizioni virtuosistiche, e in questo sta anche lo spirito tzigano di Hutz (per metà Rom). Insomma, musica allo stato puro. E loro scatenatissimi, non solo Eugene si relaziona col pubblico, ma praticamente tutti, ad esclusione per ovvie ragioni del batterista. Un’ora di concerto scorre velocissima, da sottolineare una “Immigraniada” suonata ad una velocità e rabbia devastanti, con un ritornello che cannibalizza “Immigrant punk” (che non sarà suonata). Spazi acustici si inframmezzano a violenti e veloci cambi di tempo, il tutto sostenuto da una base ritmica potentissima che non sbaglia un colpo. Qualche minuto di pausa e poi via con venti minuti abbondanti di bis, partendo con una “Wonderlust king” allungata a dismisura, che inizia per solo percussioni, voci dal palco e cori dal pubblico, andando a finire sulle suggestioni totalmente acustiche, violino, fisarmonica e chitarra, di una sofferta e struggente “Alcohol”. A proposito di alcool, Hutz spesso con una bottiglia di vino in mano, anche se credo che sia più il vino che finisca per terra che quello che poi effettivamente beva… La setlist? Boh… non l’ho fatta e l’Alzheimer incipiente non aiuta ;-) In ogni caso un gran concerto di una band veramente in forma, con un’intesa al top e sprigionante un’energia senza pari.

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