Ho scoperto i Golden Rusk, dopo aver visto e sentito il singolo “No blame no gain” su youtube che mi aveva incuriosito per il suo impatto e potenza. Ovviamente sono andato a curiosare sulla pagina ufficiale del gruppo e con mia grande sorpresa ho potuto constatare che la stessa ad oggi, vanta quasi 10.000 iscritti, il che la dice lunga per un gruppo emergente italiano quale è Golden Rusk.

L’album è composto da 10 tracce, ognuna con delle caratteristiche ben distinte ma con un filo conduttore: brutalità e violenza.

L’introduzione e la biografia ve la tralascio (vedi sito ufficiale e facebook) e passiamo direttamente al sodo!

Il titolo dell’album, “What will become of us?”, lascia presagire un mood dell’album abbastanza tenebroso e alquanto pessimista. L’artwork raffigura una città devastata stile Ken il guerriero con in piena pagina una gogna sorvolata da uccellacci che svolazzano qua e là. Lo stile musicale è un brutal death con cenni old school e industrial, ma partiamo dall’inizio:

“Grave of dawn”, è un intro cupo e oscuro, forse un po’ troppo lungo, che si lega direttamente al secondo brano “What will become of us?” che si può definire un mix di sonorità death con lontane influenze industrial. Il terzo brano è “No blame no gain”, canzone scelta a puntino per il lyric video (andate a vedervelo perché è fatto bene, a dir poco epilettico…) perché molto coinvolgente e veloce. La quarta traccia è “Painful demise”, contraddistinta da un inizio immediato e piena di stacchi fulminei. Si passa al quinto brano “As it should be”, dove si cambia registro per un attimo, infatti l’album sembra mettere in pausa il brutal death per accostarsi ad un death metal più contemporaneo e (quasi) melodico, qualcuno potrebbe storcere il naso. Superata la metà, si arriva a “Show me your hate”, forse la canzone più tecnica e affilata con un finale al fulmicotone; indiscrezioni sul web parlano di un video relativo, vedremo… La successiva, “Black aura”, è una sorta di inframezzo, dove tristezza e malumore la fanno da padrona, per arrivare all’ottava traccia, “Life no more”: questa forse, è la più strutturata e inaspettata delle canzoni, con riff di partenza iper veloci per arrivare ad un finale melodico con chitarre classiche molto black metal norvegese dei primi tempi. La traccia n.9, “Take off the mask”, è una canzone prodotta con un sound volutamente diverso rispetto al resto dell’album (alternative mix), forse più aggressivo ma sempre d’impatto; perfetta come canzone live. La decima e ultima traccia è la riproposizione di “No blame no gain” in chiave demo, registrata senza alcun intervento di post-produzione; fa capire il lavoro eseguito dal produttore. Ok per i puristi ma niente di che.

In sintesi, i Golden Rusk hanno prodotto un debut album valido che potrebbe tranquillamente concorrere alla classifica delle migliori release death metal dell’anno, qualche miglioria nei dettagli non sarebbe guastata ma la personalità e l’inventiva dell’autore (Maher) dominano totalmente l’interno album.

Un ottimo inizio, continuate così!

Carico i commenti...  con calma