Quartetto di ragazzi con abbastanza esperienza musicale alle spalle, i Golfclvb sono fra i pochi esempi del Rock Indipendente made in sardinia che sono riusciti a farsi conoscere al di fuori del territorio isolano (impresa riuscita anche ai Rippers, che tuttavia suonano un gran bel Garage Rock)
Hanno esordito con Golfclvb (Here I Stay Records, 2006), album omonimo che presenta sonorità o canoni assoluti, innovativi e, al tempo stesso, usuali (giri di basso inusuali, numerose suite strumentali, un cantato-gridato tipico dell'indie ) nella scena nazionale.
Un vero e proprio esordio col botto (a livello qualità, ma non per quanto riguarda, ahimè, le vendite).
L'iniziale "You" presenta un cantato tipicamente adolescenziale che va in contrasto con il suonato maturo e privo di sbavature, in "Blow Away" sembra che chitarra, batteria, basso (che la fa da padrona in tutto il disco) suonino in una simultaneità impeccabile.
La terza traccia, "Secret Place", accoglie l'ingressio in scena del synth e presenta sonorità, forse a causa del ritornello orecchiabile, già conosciute, un rimando al miglior rock alternativo e, in qualche minima misura, addirittura, al grunge. Il suono invece rimanda più all'elettronica che all'indie. Il quarto brano, "All is gone", fa sfoggio inizialmente del più arcinoto indie, per poi passare a sonorità più cupe che ricordano vagamente i migliori Joy Division mescolati con i Depeche Mode.
In "Autostop", a mio avviso il secondo pezzo più bello del disco, sembra che i DP sopra citati imbracciano gli strumenti e facciano del rock con David Gahan che emula vocalmente un discolo indie-sbarbino. "Edison At Home" e "Other Lines" ricalcano i tratti musicali precedentemente esposti (conferma della vena elettronica per la prima, ritorno al puro indie per la seconda).
E' proprio nel brano meno alternativo che, a mio avviso, i Golfclvb danno il meglio; il loro brano migliore, quel "Sheepdog" che ti farebbe gridare allo scandalo, al plagio per la sua sinuosità e bellezza (di questi tempi di magra creativa obbligatoriamente già sentita, o copiata), per poi rimanere impassibile e inerte quando ti accorgi che in realtà tale melodia e tale modo di fare musica, in questo brano, non l'hai mai sentito da nessuna parte. Il culmine della vena cupa e depressa che appena si riesce a palpare negli altri brani, qui si manifesta in maniera chiara ed evidente: gli isterismi pseudo asolescenziali lasciano spazio a un cantato soffuso e appena trapelato, con una batteria che si fa sentire in maniera più decisa, chitarra che ricama melodie su melodie, basso secco e coinciso. Con il loro tipico andamento "a braccetto". Un brano maturo e disincantato, come del resto l'indole della band. N-esimo ritorno all'elettronica con il brano che chiude i giochi: "Circular".
Grandi promotori di eventi musicali (la tre giorni dell'Here I Stay Festival ne è un esempio) cercano sempre di invogliare e far conoscere le nuove leve e le giovani rock band sarde emergenti, oltre a portare nell'isola esponenti di spicco dell'indie rock internzionale.
Un buon disco d'esordio, si aspetta il seguito per la conferma.
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