Era difficile immaginarlo, forse alla luce della scontatezza del detto "...a volte ritornano...", probabilmente in quanto il pur buon "In Our Gun" (2002) aveva definitivamente depistato le tracce degli esordi. Per tali motivi, ed in particolare per il secondo, poteva apparire al di là di ogni previsione che Split The Difference, quarto lavoro ufficiale dei Gomez, sarebbe stato il capitolo più immediato e maggiormente intriso di energia della loro carriera.
Recentemente qualcuno ha scritto che le "pietre dei Gomez non rotolano, ma ballano" e tale sproloquio non può che essere confermato da brani quali "Nothing Is Wrong", la formidabile "Catch Me Up" o le beatlesiane "These 3 Sins" e "Silence" con tanto di basso alla McCartney.

Attenzione perché quest'ultima dichiarazione non sta a significare che i Gomez abbiano giocato a fare i Beatles come si potrebbe pensare: semplicemente hanno raggiunto la propria maturità artistica giovati dagli insegnamenti di maestri eccellenti e dalla supervisione del sapiente Tchad Blake.
Presupposto ciò ecco spiegata la piacevole sensazione di compiutezza musicale che pervade l'ascoltatore ogni qualvolta si passi all'esecuzione di "Sweet Virginia" o della stupenda "There It Was", insieme poi a tutti gli altri brani non citati in quanto semplicemente decretabili "gomezzi"; perchè il perfetto equilibrio tra ritmo e melodia dei Fab Four rivive una nuova fantastica parentesi proprio in questo disco che regala molte di quelle emozioni oramai sconosciute al rock contemporaneo.

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