Mettiamo che tu sia una personalità geniale, fuori dalle righe, spassionato fan di droghe più o meno pesanti, ma soprattutto mettiamo che tu abbia ponderato un progetto al quale nessuno prima si era avvicinato: riassumere in tre dischi... TUTTO. Usando come strumenti la storia di una civiltà primordiale, frutto anch'essa della tua mente tanto malata quanto fottutamente geniale. Allora ti chiami Daevid Allen e hai dato vita a una delle opere più straordinarie e innovative di sempre: la trilogia Radio Gnome Invisible, comprensiva di questo mirabolante esordio: Flying Teapot.

Quei cazzoni di Ondarock, ed in particolare quello che ha curato la sua personalissima "Storia del Progressive", sostiene che siete noti molto al di là dei vostri effettivi meriti (ma lo conosce Michael Jackson), e che nella vostra musica si colgono grosse lacune compositive colmate con furbizia. Dice addirittura che la tua uscita dalla band sia stata salutare! Roba da matti. Vabbé, io, a differenza sua, il tuo disco l'ho ascoltato, quindi mi permetto di parlarne anch'io.

Un disco più svalvolato di così non potevi farlo! Così folle, zoppo... cori assurdi, suoni saltellanti, improvvise raffiche fusion che risulterebbero estremamente innovative anche se fatte oggi. Ma voi l'avete fatto quarant'anni fa e questo sembra sconcertante. Quella "The Octave Doctors And The Crystal Machine" ricorda tanto i suoni elettronici che sarebbero arrivati da li a poco. Comunque devi assolutamente presentarmi Pierre Moerlen, aka Dierre de strasbourg o Lawrence The Alien. Il suo lavoro alla batteria in pezzi come "Flying Teapot" e "Zero The Hero And Witch Spell" sono indimenticabili, a mio avviso. Ma Ovviamente anche tutti gli altri: tutti avete contribuito a creare quel sound tanto irresistibile quanto unico.

Le perle del vostro discone per me sono rappresentate appunto da "Flying Teapot", uno dei vertici della musica settantiana tutta, "The Pot Head Pixies" e "Zero The Hero". La prima, con la sua perfezione musicale, l'inizio da film Frankeinstainiano che sfocia in quella specie di cantato che neanche saprei definire, tanto assurdo e geniale; poi quell'intermezzo musicale in bilico tra Jazz e fusion accompagnato, anzi dominato dal solito drumming mostruoso di Lawrence the Alien (notevoli però anche i fiati, a firma Didier Malherbe) fino all'arrivo di quei folli vocalismi poi interrotti da un gran finale tastieroso, è il vostro capolavoro.

Un altra cosa: la copertina è meravigliosa e quelle bestioline verdi sono adorabili. Mai quanto la teieramobile, comunque. Complimenti, quindi!

Una domanda: Ma che vuol dire "Banana, Nirvana, Manana"?

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