In genere non mi piacciono questi paragoni tirati per i capelli, ma, tanto per dare un'idea più precisa del personaggio in questione, dire Googoosh in Iran è un po' come dire Cher o Barbra Streisand in America, oppure Mina in Italia. All'anagrafe Faegeh Atashin, nata nel 1950 da genitori azeri emigrati e Tehran; cantante, attrice, icona della moda e del costume, Googoosh è già un'affermata diva del cinema quando debutta nel 1970 con l'album "Do Panjereh" ed in breve tempo conquista uno status da autentica superstar grazie anche a una voce potente e un carisma intepretativo non comune; il suo repertorio è composto in gran parte da intense e spesso dolenti ballate orchestrali (non un caso data la fiorente tradizione sinfonica persiana) che forse oggi suonano un po' datate ma di indubbio fascino. La sua carriera subisce una brusca interruzione nel fatidico 1979, le illuminate guide spirituali della nuova "repubblica" islamica non vedono di buon occhio le donne le donne nel mondo dello spettacolo, men che meno se belle, carismatiche, di successo e potenziali modelli di emancipazione.

Per un breve periodo Googoosh si trasferisce in California, ma la nostalgia di casa è più forte della prospettiva di un lussuoso esilio dorato e così rientra quasi subito in Iran, dove le è categoricamente proibito incidere dischi, esibirsi in pubblico e perfino rilasciare interviste; solo molti anni dopo, grazie alle parziali riforme del presidente Mohammed Khatami, potrà riprendere a tutti gli effetti la sua vita artistica che, a partire dal 2000, continua tutt'oggi su ritmi regolari. "Ejaz" del 2012 è il suo ultimo album, ed ha due grandissimi valori aggiunti: il più importante è sicuramente il fatto che Faegeh Atashin, da vera Signora tutta d'un pezzo, non abbia minimamente stravolto lo stile che l'aveva resa celebre per rincorrere qualche nuova tendenza (il che l'accomuna ad un'altra first lady del Pop come Agnetha Faltskog con il suo "A") e, con il passare degli anni, la sua voce è diventata ancora più calda di quanto già non fosse, più "vissuta", ancora più particolare e affascinante. Le canzoni hanno un'anima acustica rivestita da orchestrazioni di gran pregio, avvolgenti ed evocative, che contribuiscono a creare un'atmosfera intensa e sospesa nel tempo; la titletrack è un perfetto archetipo di ballatona in stile Googoosh, e la performance canora è così intensa, ricca di anima e pathos, da relegare in secondo piano il sontuoso accompagnamento, che invece risalta superbamente in episodi come "Behesht" e "Hayaahoo" dando vita ad atmosfere molto cinematografiche, decisamente azzeccate dato anche il passato da attrice di Googoosh.

"Nazanine Bigharar" invece è un episodio più ritmato, di grande impatto e brillantezza, scandito da un arpeggio spagnoleggiante e un'interpretazione particolarmente elegante e passionale, tra tutte le canzoni è quella che colpisce maggiormente insieme all'altrettanto fascinosa "Baraye Man", impeccabile chanson orchestrale con un cantato dalle tonalità più crooneristiche e confidenziali, che esaltano il calore e la bellezza della voce di Googoosh. Dieci canzoni che sintetizzano perfettamente tutti le caratteristiche migliori di un'intera carriera; ascoltando "Ejaz" si capisce subito come mai un ventennio di inattività forzata non abbia minimamente scalfito la popolarità di questa cantante. Faegeh Atashin non è una delle tante, ha il talento e la statura di una vera Diva, negli anni '70 così come oggi, e lo dimostra anche sfruttando la sua popolarità per denunciare apertamente la repressione del dissenso e le limitazioni alle libertà personali del regime degli ayatollah, cosa non da poco e non scontata data la sua immagine glamour da artista strettamente pop, senza connotazioni politiche nel suo lavoro. Fondamentale? In senso assoluto direi di no. Innovatrice? Neanche un po'. Moderna? No e neppure le interessa esserlo, eppure Googoosh merita sicuramente attenzione e ammirazione, è un pezzo di storia non solo musicale e le sue scelte le fanno onore.

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