Dopo che ne ho tessuto le lodi per tre recensioni, credo che vi siate fatti un’ idea di chi sono i Gorguts: per chi non le avesse lette, ecco un’epitome.

I Gorguts, capitanati dall’ impressionante cantante-chitarrista Luc Lemay, sono una band canadese attiva dal 1991, dedita ad un Brutal Death metal che si potrebbe definire “progressivo”. In possesso di una tecnica sopraffina e decisamente sulla vetta del genere, hanno coniato un sound molto particolare a partire dal 1993 col loro secondo album, “The Erosion Of Sanity”.

Dopo una pausa di ben cinque anni, danno alle stampe “Obscura”, esasperando ancora la loro proposta musicale e dando origine a sonorità a dir poco cacofoniche e stordenti, ma sicuramente emotivamente molto evocative. Il loro legame col Death metal (esordio escluso) è sempre stato molto marginale; sebbene possiedano le strutture e la cupezza tipica del genere, le commistioni che propongono sono tante e tali da tenerli fuori dalla semplice definizione di gruppo Brutal Death. Gruppo ispiratore (più o meno esplicitamente) dei connazionali Cryptopsy, ha sempre effettuato un cambiamento di direzione ad ogni uscita, consacrandosi come uno dei migliori e “multiformi” complessi in circolazione.

Chi segue i Gorguts, si aspettava forse per questo “From Winsdom To Hate” di assistere ad un altro colpo di scena, aspettava trepidando la nuova “creatura” dei nostri, si prefigurava dove sarebbero andati a finire questa volta: purtroppo gran parte di queste aspettative sono state deluse. Il cd mostra infatti praticamente le stesse strutture e la stessa formula usata nel precedente “Obscura”, leggermente inasprita ma privata di quegli attimi di respiro che impedivano il collasso definitivo all’ascoltatore; insomma, chiunque vi dica che si sono ammorbiditi, mente in maniera spudorata, il sound è più oppressivo e folle che mai.
Non si notano ulteriori miglioramenti in fatto di perizia esecutiva (e ci mancherebbe ancora!), che si stabilizza dunque su livelli stellari: controtempi continui, cambi di tempo inaspettati, zoppicanti, forsennati, accompagnati da un riffing di chitarra che martella senza pietade alcuna. Tra scale veloci ed impossibili e accordi strampalati, ma uniti da una sottile vena di afflizione, la voce di Lemay lacera il pentagramma con il suo growl sofferente. Il basso… quale basso ? Se non ci fosse scritto nel libretto, giurerei che non c’è; il suo suono è irreperibile in tutte le canzoni (ci sono delle note basse, ma parlare di basso e di bassista è esagerato).

Le otto canzoni (meno male che non sono di più) riescono letteralmente a polverizzare anche il più incorreggibile dei fanatici dei suoni estremi: le composizioni sono veramente molto complicate e rifinite alla perfezione, cosa che denota l’esperienza, la passione e il talento del gruppo. La produzione è di nuovo molto buona, anche se il suono delle chitarre è un po’ sferragliante e rugginoso, elemento che contribuisce a intontire notevolmente chi ascolta. Purtroppo a parole non si riesce a descrivere bene la musica dei Gorguts, ma è un’esperienza veramente devastante; nessun gruppo è mai riuscito a ricreare atmosfere tanto disperate, plumbee e vorticose: la confusione mentale millimetricamente messa in musica.
Il mood è qualcosa di inimmaginabile, veramente esasperato ed esasperante: il lavoro lascia fisicamente e mentalmente provati, un autentico test di resistenza. L’allucinazione e la paranoia diventano compagne per tutta la durata dei quaranta minuti circa di musica: se si uniscono a questo testi metafisici basati su dottrine orientali e proto filosofie, capirete che l’impatto psicologico è devastante.

Tuttavia, nel precedente “Obscura” il quartetto riusciva a controllarsi e a non eccedere nell’estremismo: qui invece arrivano a picchi veramente insopportabili, per quanto le idee sviluppate siano sempre quelle. I limiti di “From Winsdom To Hate” stanno nella mancata evoluzione del sound dei Gorguts (a cui avevano sempre abituato) e nella scarsa digeribilità del prodotto. Per un novizio o anche un fan di consueto Brutal Death, è impossibile appropinquarsi a questo lavoro: chiunque si avvicini per la prima volta a questi canadesi, non lo faccia con questo album, ma inizi ad impratichirsi con i due precedenti. Chi invece ha già le orecchie abituate al rumore artistico, non si aspetti grandi variazioni rispetto al passato. In ogni caso è un disco molto buono e ben confezionato, ma un po’ meno carico di idee rispetto agli standard dei Gorguts e un po’ troppo oltranzista.

A questo punto è solo questione di gusti. Dispiace che questo possa essere il capitolo conclusivo della carriera di una band tanto gloriosa: i quattro si sono infatti (si spera momentaneamente) sciolti in seguito al tragico suicidio del batterista e per quanto mi riguarda speravo in qualcosa di più.

Carico i commenti...  con calma