Capita a volte che un artista con delle b-side sia in grado di essere più comunicativo, o almeno, più qualitativo rispetto a quanto (non) lo sia con gli album di inediti. Penso per esempio agli Oasis, gruppo mediocre ma che possiede delle b-side che sono all'altezza delle canzoni "non scartate". Perché appunto di questo si tratta, di canzoni scartate, che non hanno trovato posto nei dischi cosiddetti "principali". Forse per motivi di qualità, altre volte perché non rientrano nel contesto di un determinato concept album, altre ancora perché non si trovano in sintonia con gli altri pezzi, e quindi meglio sopprimerle, relegarle a lati B dei singoli di successo(e non - in questo caso si).
Non è la prima volta che la band virtuale affronta un'operazione di questo tipo, che è tutto fuorché un operazione commerciale (come si fa a vendere bene un album di scarti e perlopiù senza nessun singolo che fa da traino?), bensì un modo per comunicare e rendere pubblici i retroscena, e in alcuni casi il lato più nascosto di una band. Questo è per l'appunto uno di questi casi.
I Gorillaz perciò abbandonano il loro lato più oscuro ed ecco saltare fuori in questo doppio CD il lato più giocoso del gruppo, quello del primo album, che sembrava avere perso. Qualitativamente ad un ascolto leggero questo mucchietto di canzoni può apparire insignificante, senza anima, senza senso e soprattutto di difficile ascolto. Eppure provate ad ascoltare il disco dopo gli altri dischi del collettivo ("Gorillaz", "Demon Days" etc...), questo "D-Sides" soffrirà poco il confronto.
"68 State" sembra provenire direttamente da uno di quei tanti telefilm polizieschi degli anni 80, "People" non è altro che "Dare" con meno synth e con un testo differente, "Hongkongaton" è una piccola perla elettro con influenze nipponiche, estremamente ripetitiva ma divertente, finale con pistola laser giocattolo "suonata" (si fa per dire) da quel mattacchione di Jamie Hewlett!
Si prosegue con "We Are Happy Landfill", uno dei componimenti più bizzarri e orecchiabili dell'intera produzione Gorillaz-iana. "Hong Kong" era un pezzo che precedentemente era stato inserito in un album di beneficenze, si tratta senza ombra di dubbio di un pezzo stupendo ed emozionante, in cui l'inconfondibile voce di Damon Albarn è perfetta nella sua veste più delicata, dove un particolarissimo strumento cinese diventa protagonista assoluto sino alla coda finale che colpisce i sensi di chi ascolta. Davvero uno dei pezzi migliori del repertorio, di un gradino sopra tutti gli altri. Da notare come la versione per l'album sia stata condita (a mio avviso inutilmente) con degli archi che sovrastano la produzione originale e scindono l'elemento nipponico da quello puramente inglese (fondo elettronico). Da segnalare pure la nevrotica "Spitting Out The Demons", "Rock It" (pezzo che se revisionato potrebbe perfino essere ballabile!) e il finale con l'eterea "Stop The Dams". Deludente invece la collaborazione con i The Bees per "Bill Murray". Il secondo cd è fatto da remix scadenti che non fanno altro che abbassare la media dell'opera.
In conclusione non sarà certo un capolavoro, e nemmeno di un album di belle canzoni, ma di un ottima colonna sonora per chi vuole sentire qualcosa che sia allo stesso tempo originale ed orecchiabile. Tuttavia lo consiglio (paradossalmente) solo agli appassionati della band.
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