So che su DeBaser una recensione su questo disco è stata già scritta, ma ad ogni modo mi sentivo anch'io di scrivere un paio di righe su questo disco.
"The Fall", è il pacchetto di natale 2010 che i Gorillaz hanno regalato ai fan (iscritti al fanclub del sito). Si parlava già da qualche mese di questo disco. Albarn disse, non troppo tempo fa, che questo è il primo album realizzato con le applicazioni dell'inutile (almeno dal mio punto di vista) Ipad. Ok, penso, forse è la nuova cazzata dei Gorillaz da cui, dopo "Plastic Beach", non mi aspettavo niente di chè. Ed infatti il disco in questione non è proprio niente di chè. Ma almeno è onesto. Il gruppo dice 'Ok, questo è il nostro nuovo dischetto che abbiamo registrato in un mese nei tempi morti del nostro tour in America. E ve lo regaliamo.' Niente pubblicità, nessun singolo, nessuna pressione da parte delle major perchè di fatto nessuno aspettava questo disco.
Ascoltando "The Fall" si sente che si tratta di una raccolta di appunti di viaggio. Dico raccolta perchè si sente che non ha la forma di album. E' forse una lunga serie di esperimenti e senzazioni che magari richiedevano un po' più di revisione e scrematura prima di essere pubblicati, ma forse invece bisogna accettarli per quello che sono e basta. Mi spiego meglio facendo un confronto con il precedente album rilasciato dal gruppo. Mentre "Plastic Beach" scarseggiava di buone idee e buoni pezzi ed era stato fatto un lavoro di post-produzione notevole (stravolgendo completamente i demo originali che erano stati trasmessi un po' di mesi prima dalla BBC) per tirar su un disco decente; quest'ultimo ha la minimale schiettezza di una raccolta di b-sides con le sonorità grezze del primo disco. E con questa affermazione non intendo criticarlo, anzi. La pecca di "The Fall", però, è quella di essere troppo lungo. A mio parere sarebbe dovuto scremarlo fino ad arrivare a farlo diventare un EP. Parliamoci chiaro, non stiamo parlando di Brian Eno. Albarn è un buon scrittore di canzoni ma non è un gran compositore. Superate le prime due canzoni (Revolving Doors è un pezzo veramente bello) e l'intro, ci si addentra in pezzi ambient-paesaggi sonori/colonna sonora sconclusionati acidi, appena abbozzati e, nella maggior parte dei casi, inutili.
Il disco si tira su in finale con altre due canzoni come Amarillo e Bobby in Phoenix, ma 'tirando le somme' si può definire questo disco come allungato e diluito. ''Ok, ma è stato fatto in poco tempo ed è anche gratuito!'', direte voi. Ed infatti avreste ragione. Bisogna prenderlo così per quello che è, ovvero un'ulteriore sega musicale di Damon Albarn realizzata in parte con un nuovo giochetto tecnologico che non rinnova un granchè nulla. Ma almeno suona come devono suonare i Gorillaz, ha lo stile dei Gorillaz e non assomiglia a "Plastic Beach" (proprio perchè "Plastic Beach" assomigliava davvero poco ai Gorillaz).
In conclusione: Albarn ha fatto bene ha pubblicarlo se ne aveva voglia e noi, se abbiamo voglia, lo ascoltiamo a gratis. Anche perchè, se metteva a pagamento una cosa del genere, i fan glielo tiravano dietro come un frisbee...
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