Nessuno può veramente fermare la creatività di Damon Albarn e anche nel giorno di Natale, lui e i suoi Gorillaz, non ci fanno mancare nulla; arriva, infatti, un album molto interessante creato in quattro e quattrotto e registrato tramite I-pad. Lo stile della band virtuale si riconosce immediatamente dalla prima nota, sia che si tratti di una canzone geniale (posso citare "Feel Good Inc.", "Last Living Souls", "Hong Kong" e "Stylo" su tutte, ma ce ne sono molte altre) o di un pezzo veramente penoso ("On Melancholy Hill e molte del primo disco). Nonostante quest'album non sia chiaramente rivolto al successo commerciale, basta ascoltarlo per capirlo, si rivela pieno zeppo di ottime canzoni.
Si parte alla grandissima con "Phoner To Arizona" e "Revolving Doors": il primo è un pezzo prevalentemente elettronico costruito a braccetto con una classica marcetta alla Gorillaz e con le tipiche vocine di bambini-mostriciattoli; il secondo parte con un bel giro di chitarra al quale si aggiunge per la prima volta (non compare infatti nella prima song) la voce di Damon Albarn; pezzo trascinante adatto ai live. Seguono a ruota i ritmi allegri di "Hillbilly Man" e "Detroit" e la coinvolgente atmosfera di "Shy-Town" e "Little Pink Plastic Bags", che segna il momento più basso dell'intero album.
Fortunatamente dopo la peggior canzone arriva, a mio avviso, la migliore: si tratta di "The Joplin Spider", la canzone più dance di tutto l'album dotata di un eccellente ritmo martellante che può alla lontana ricordare un pezzo dei Chemical Brothers. Si continua alla grande con "The Parish Of Space Dust", un pezzo bello da cantare tutti in coro con una splendida melodia. A questo punto arrivano i rulli e i tromboni di "The Snake In Dallas" e l'ottima "Amarillo". "The Speak It Mountains" è il pezzo più stravagante del lotto grazie agli strambi effetti vocali e sonori (da sottolineare lo scorrere di un fiume udibile nelle parti finali del pezzo), mentre "Aspen Forest" è una semplice composizione sonora non molto efficace. Gli ultimi due pezzi chiudono alla grandissima un album di buona fattura. Si tratta del pezzo country "Bobby In Phoenix", cantato interamente da Bobby Phoenix (i più attenti se lo ricorderanno in "Stylo") e "California & The Slipping Of The Sun", un iniziale ritmo rilassato che a poco a poco si trasforma in un'esplosione dance-house.
In definitiva cos'altro si può aggiungere... lunga vita ai Gorillaz!... La band che forse riesce meglio di tutti a districarsi tra Pop, Rock, Alternative, Hip Hop, Elettronica e Dance-House (senza mai cadere nella tamarraggine alla Black Eyed Peas) con grandissima classe.
Carico i commenti... con calma