La Cold Meat Industry è celebre nel mondo della musica oscura per aver lanciato alcuni dei migliori gruppi del genere e per aver tra l'altro fatto la fortuna di numerosi ensembles italici, tra cui i Gothica. Mai nome fu più adatto per un gruppo, il duo composto da Alessandra Santovito e Roberto Del Vecchio ci propone infatti una darkwave dai toni profondamente oscuri, labirintici, parvenze quasi architettoniche di un viaggio tra passaggi angusti, nicchie, tetri sotterranei e guglie maestose, condito da spunti di malinconia mediterranea.

Opera oggetto di questa recensione è il debutto della band "Night Thoughts" primo di due lavori dopo i quali purtroppo il gruppo si scioglierà. Il disco in questione così come il suo successore è di certo un lavoro qualitativamente molto elevato, arrivando a sfiorare il capolavoro, d'altronde con una copertina che riprende "L'Abbazia Nel Querceto" di Friederich non potevamo che trovarci di fronte a un'opera d'arte. Il disco si apre con "Stagione Oscura", breve elegia di tastiere coronata dal suono di un flauto malinconico e dai versi in lingua madre. Ma è solo l'inizio di un percorso che tocca generi sempre diversi: momenti etnici dal sapore deadcandance-iano (vedi "Spirit Of The Dead", "Spirit Dance", "The Land Under The Waves") si alternano a sprazzi di folk lugubre e opprimente (come in "Nothingness") o a tocchi appena industrial (la strumentale "Lost In Reverie"). Giungiamo poi a capolavori di rara bellezza con "Penelope", nenia dal cantato ossessivo e dalla cupezza mediterranea, e con "Proserpina", il cui bellissimo testo è una poesia di Dante Gabriele Rossetti, senza poi dimenticare le tracce più "horror" dell'album, la stupenda "Medusa" e l'oscuro walzer "The Pure Nymph" (talmente lugubri che vedrei entrambe in qualche soundtrack dei Goblin). Tocca a "Sepulchres", mesto requiem in lingua ispanica chiudere l'album col suo andamento funereo (che ricorda qualcosa dei Dark Sanctuary). I due cantanti sono entrambi dotati di voci stupende, Alessandra riesce facilmente a cambiare stile passando da vocalizzi etnici al canto lirico a uno stile più sognante, quasi mantrico, mentre Roberto si esprime con un tono cupo e basso che si adatta perfettamente al genere.

Insomma, un lavoro eccelso e una perdita incolmabile in una scena che oramai si rifugia in pacchianerie elettroniche e in cui pochi sono veramente meritevoli del successo attribuitogli.

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