Catalogare sotto un'unica etichetta i Gov't Mule sta diventando con gli anni e i dischi sempre più difficile. Partiti come puro gruppo di Hard-blues grezzo e minimale, con il tempo hanno inglobato all'interno del loro suono tante di quelle influenze da renderli sicuramente uno dei gruppi più originali e spiazzanti della scena rock-blues moderna.
Nati nel 1994, quasi per scherzo, oggi con l'uscita di questo importante lavoro, possono ambire ad entrare nel novero delle band che "contano". Guidati da quel instancabile musicista che risponde al nome di Warren Haynes, i Gov't Mule, danno alle stampe quello che può essere il loro miglior e più completo lavoro di studio. Spesso considerati come solo una grande jam live band, con queste undici nuove canzoni fanno valere anche la loro caratura di eccellenti songwriters.
Warren Haynes sembra non volersi più fermare e dopo le collaborazioni con gli Allman Brothers, che ha contribuito a rilanciare negli anni novanta e dopo i suoi servigi alla corte dei superstiti Grateful Dead, si può dire che abbia concentrato tutte le sue forze nei Gov't Mule , a tutti gli effeti diventati la sua band principale. L'apertura del disco è affidata a "Broke Down On The Brazos", dove il basso di Jorgen Carlsson avanza duro e spedito per tutta la canzone, facendo l'intelaiatura portante del brano su cui si stagliano le chitarre di Haynes e dell'ospite Billy Gibbons (ZZ TOP), autore di uno splendido assolo nella seconda parte del brano. Per quest'album i Gov't Mule sembrano prediligere la forma canzone, e anche se la media dei brani rimane comunque vicina ai sei minuti, le canzoni sembrano risentirne in maniera positiva.
Una sola la cover dell'album, il traditional "Railroad Boy", folk song riarrangiata in chiave rock, facendo risaltare l'aspetto irish-western della canzone. Le restanti tracce sono tutte opera dei "muli", come l'hard funk blues di "Steppen Lightly" e "Any Open Window" che avrebbero fatto invidia ai Purple del periodo Coverdale/Hughes. Nella lunga "Monday Mourning Meltdown" vengono allo scoperto le impressionanti doti tecniche del quartetto, completato da Matt Abts alla batteria e Danny Louis alle tastiere e seconda chitarra. Le lunghe jam strumentali della canzoni sfiorano per complessità e cambi di tempo il paragone con certo progressive seventies e l'inserto jazzato ne è la conferma. Echi di ballate pinkfloydiane escono da "Gordon James" e non è un caso, visto che i Gov't Mule recentemente hanno omaggiato i Pink Floyd durante i loro live.
L'abilità chitarristica di Haynes, infine, esce prepotentemente in tracce come il poco convenzionale blues di "Inside Outside Woman Blues #3" con i suoi tempi dispari, mentre "Frozen Fear", con il suo andamento quasi Reggae ricorda l'espiremto di un disco come "Mighty High"(2007).
Menzione ancora per la splendida ballad dai toni southern "Forevermore". Insomma un disco che lungo i suoi 67 minuti di durata non cade mai nello scontato o nella proposizione di mera tecnica fine a se stessa. Ogni nota ha un suo perchè e i testi non cadono mai nello scontato. Lode dunque ai Gov't Mule che sono riusciti a rivitalizzare un genere come il rock-blues, arricchendolo di sfumature e sorprese e inglobandolo alla perfezione con southern, soul, reggae e funk senza risultare dozzinali e forzati. I Gov't Mule, anche se non adatti a tutte le orecchie meriterebbero un pò di più di quel che hanno ottenuto fino adesso, spesso relegati in seconda fila da gruppi clone delle grandi band anni settanta che poco o nulla di originale riescono a proporre nella loro musica.
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