Per capire "The Golden D", secondo album dell'occhialuto chitarrista inglese, basterebbe l'ascolto della splendida "Lake", strumentale che nei suoi quasi 8 minuti di durata passa da emozionanti e lisergici arpeggi di chitarra a distorsioni lancinanti, psichedeliche, noise; roba da perderci la testa, sul serio.
E' il Coxon appena uscito da "13" dei Blur, forse il disco più ambizioso dei 4 di Colchester.
L'atmosfera qui è cupa, depressa, violenta, disperatamente rabbiosa, ben espressa nell'esaltante ed esaltatato hardcore-punk di "Jamie Thomas" e "Fags And Failure", nel punk-metal di "My Idea Of Hell", nella desolazione acustica di "Keep Hope Alive", nella folle sperimentazione rock-elettronica di "Satan I Gatan", nell'ossessiva paranoia di "The Fear" e "Leave Me Alone"; trovano anche spazio 2 cover dei Mission of Burma ("Fame And Fortune" e "Thats When I Reach For My Revolver"), appassionate ed ispirate.
In mezzo a tale buio, il Nostro inserisce una divertente e divertita presa per il culo ("Oochy Woochy" filastrocca con fiati e buffi ritmi) che rilascia la tensione prima di sprofondare nell'incubo finale di "Don't Think About Always", sorta di cupo stoner-rock psichedelico con un'introduzione acustica, apparentemente tranquilla, da "quiete prima della tempesta" insomma.
Il tutto suonato ovviamente in modo magistrale. E viscerale.
La bellissima e allucinata copertina (è un suo dipinto, come tutti gli altri presenti nel booklet, al posto dei testi a rappresentare ogni canzone dell'album, come tutte le copertine dei suoi lavori solisti, del già citato "13" e di alcuni ep dei Blur) esprime perfettamente ciò che troverete nel disco: un viaggio nei meandri di una mente confusa alla ricerca di una via d'uscita.
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