Dopo i primi 3 dischi, sostanzialmente notturni, cupi, arrabbiati, malinconici, allucinati ( "The golden d" era un vero e proprio incubo con ben poche vie d'uscita ), in "The kiss of morning" comincia a filtrare un pò di luce, tra le imponenti nuvole 

Già il titolo, in qualche modo, è una dichiarazione d'intenti: si sente che, anche se ancora accompagnato da depressione e alcolismo, l'autore sta pian piano risalendo, regalandoci la sua opera solista, almeno per ora, più completa insieme al precedente "Crow sit on blood tree".

E' un album in cui il saltellare da uno stile all'altro diventa quasi sistematico pur suonando profondamente coxoniano dall'inizio alla fine. Riferimenti al punk ("Escape song"), ad atmosfere acustiche che si accendono improvvisamente ("Bitter tears", "It aint no lie", con un passaggio, a metà pezzo, caratterizzato da uno stacco e da un assolo di chitarra da brivido), incontri con il country più tenero e innocuo ("Baby, you're out of your mind") e con quello più scanzonato, vitale..."esistenziale" direi ("Mountain of regret"), omaggi al blues ("Locked doors") e al grunge ("Do what you're told to").

Ma anche canzoni profondamente personali e incatalogabili, ancora pregne di quella malinconia e di quell'astio che avevano caratterizzato gli album precedenti ("Live line", "Just be mine", "Latte", "Song for the sick"), e una chiusura, al contempo triste e piena di speranza ("Good times"), in cui te lo immagini lì, seduto con la sua amante (l'inseparabile chitarra) che suona il suo personalissimo inno alla vita godendosi il tramonto fino all'ultimo.

Con questo disco si chiude un ciclo, un percorso in 4 tappe, una "quadrilogia", in cui l'attitudine era piacevolmente, genuinamente "sotterranea". I successivi album, infatti ("Happiness in magazines" e "Love travels at illegal speeds"), saranno ugualmente ispirati, ma la scrittura, l'attitudine, l'intenzione, i suoni e in generale l'aria che si respirerà si mostreranno senza dubbio diversi

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