Anno 1998. Con le orecchie ancora frastornate da quel capolavoro d'indie rock che è l'album omonimo dei Blur, quasi casualmente venni a conoscenza del debutto di Mr. Coxon, carismatico della sei corde alla corte di Albarn & co. Personalmente ho sempre adorato lo stile di Graham, le sue pungenti melodie intrise di rumore alcolico e retrogusto psichedelico.
Ordinai "The Sky Is Too High". Era possibile reperirlo solo in questo modo, seppur distribuito dalla EMI. Lo ritirai un paio di giorni dopo.
- Sono arrivate le copie delle importazioni britanniche? – domandai al rivenditore di fiducia.
- Stamattina... ecco a te. Costa un po' di più, 45.000 lire – aggiunse il commesso.
- 'sti cazzi! – pensai.
Svuotai il portafoglio dai risparmi accantonati per l'occasione, ritirai l'ambito dischetto e corsi a casa in tutta fretta.
Avevo freddo.
Privai la confezione del solito cellophane e mi sorpresi meravigliarmi per il favoloso digipack cartonato con in copertina una magnifica illustrazione, proprio ad opera del talentuoso chitarrista. All'interno dell'involucro schizzi di matita si amalgamavano, con una grafia molto disordinata, ad abbozzi di liriche e quant'altro. Misi in funzione l'impianto hi-fi. Il cd era nel lettore ora.
Pigiai il tasto play. Tre, due, uno e via. Il primo brano è "That's All I Wanna Do" (dichiarazione d'intenti, per caso?) ed è tutto ciò che potevo desiderare come incipit; già qui è possibile percepire il senso di calore e totale trasporto che sarà presente per tutto il corso dell'album.
Nonostante si attraversino diverse atmosfere, il mood generale del disco è improntato su una forma di cantautorato a bassa fedeltà. Gli ingredienti sono ridotti all'osso: sono sempre presenti le chitarre acustiche, c'è la mitica Telecaster che Coxon si porta pure sotto le coperte, qualche nota di tastiera, la suadente voce dell'autore e del misterioso rumore. Raramente, una batteria nervosa corrode la pace. E tutto unicamente registrato in analogico. Roba da nastri a bobine, non so se mi spiego. Quanto basta per infatuarsene.
Per dare il giusto peso a questo lavoro, si dovrebbe evitare persino il commento delle canzoni perché sono tutte dei gioiellini, talmente casalinghi nell'attitudine che sembra di sentirle suonare nella tua stanza.
Tuttavia, non si esita ad elogiare la magnetica "A Day Is Far Too Long", semplice ma evocativa ballad quasi esclusivamente per voce e chitarra, la cristallina melodia di "R U lonely?", le irrequietezze da troppa caffeina (?) nella squilibrata "I Wish". O ancora, il sussurro dolce-amaro di "Waiting", l'improvvisa accelerata punk di "Who The Fuck?" (dove il nostro autore si diletta persino alla batteria) e l'aria di blues narcotico in "Mornin' Blues", per l'appunto. È tutto.
Che poi i Blur, in seguito, dovranno fare a meno di lui è un'altra dannata storia. E, purtroppo, cosa certa.
Da recuperare col gusto di sbattersi un po' per rintracciarlo. Raro ed essenziale com'è, un atto d'amore.
Indimenticabile.
P.S. Ah, dimenticavo... Coxon grazie a questa release fondò anche una piccola etichetta discografica indipendente denominata Transcopic, peraltro tuttora attiva.
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