Questo che andrò a recensire, gente, non è certo un album tra i più conosciuti del gruppo, nè tantomeno è da annoverare tra le ''pietre miliari'' della musica rock: è semplicemente il primo album dei Grateful Dead, uno dei più influenti gruppi musicali del rock psichedelico.
L'album, in termine di vendite, fu un fiasco completo, una vera e propria delusione commerciale; riuscì a vendere ancor meno copie del famigerato ''banana album'', dei Velvet Underground, ma a differenza di quest'ultimo non è mai stato rivalutato col passare degli anni, ed è finito nel dimenticatoio. La formazione, nell'anno di uscita del disco (1967), vedeva riuniti: Jerry Garcia alla voce e alla chitarra solista, Bob ''Weir'' Hall alla chitarra ritmica, Phil Lesh al basso, Bill Kreutzmann alla batteria e Ron McKernan alle tastiere e all'armonica. Già da questo primo lavoro dei cinque ragazzi di San Francisco, trapela quell'eclettismo che renderà famoso il gruppo negli anni a venire, che mescola al già citato rock psichedelico sonorità folk, blues e jazz.
Forse il motivo del fallimento commerciale è da attribuirsi alla poca originalità della proposta, probabilmente troppo anonimo in mezzo alla miriade di album usciti in quel periodo. Essi sono infatti stati ignorati (nel periodo di questo primo album), da altri debut-album ben più considerati, si veda ad esempio il primo album dei ''Doors'', uscito nello stesso anno, o ''Surrealistic Pillow'' dei già celebri Jefferson Airplane. Non originali anche perchè tranne due canzoni che portano la firma del gruppo, le altre sono tutte cover di celebri pezzi blues e Rock'n'Roll. Il disco si apre con un allegra ''Golden Road (to unlimited devotion)'', dal testo mistico, come spesso si usava tra i gruppi acid-rock. E' seguita dalla rock'n'rolleggiante ''Beat It Down The line'', dove fa da padrona la chitarra solista di Garcia, accompagnata degnamente dalle ritmiche di Hall e ricamata lisergicamente dall'organo elettrico di McKernan. La terza traccia, ''Good Morning Little Schoolgirl'', vale da sola gran parte del disco: benchè non sia originale, è a mio parere la miglior cover in assoluto di questo pezzo blues, di gran lunga superiore alla versione degli Yardbirds.
Carine ''Cold Rain and Snow'' e ''Sitting on the top of the world'': ritmi beat e spensierati che formano due canzoncine ''easy listening'', seguite a loro volta da una ''Cram Puff War'' che ne segue gli schemi. Il discorso cambia decisamente per la traccia numero sette, ovvero ''Morning Dew'', che abbandona le sonorità beat e facili all'ascolto per trasportarci in una rilassante atmosfera psichedelica, molto gradevole e molto contempaltiva. Il disco si chiude con la canzone più lunga (oltre dieci minuti) e più sperimentale dell'album: "Viola Lee Blues", distorto blues psichedelico cosparso di assoli e caratterizzata da un ritornello ripetitivo ma mai banale. Non degna di particolari note ''New, new Minglewood Blues'', che di blues ha ben poco, e che non vanta certo l'originalità delle canzoni descritte prima.
Insomma, tutto sommato non è poi un disco così clamoroso: però se si vuole capire a fondo i Grateful Dead, gruppo fondamentale della musica rock in generale, questa è una tappa obbligatoria: in esso sono racchiuse le radici della band.
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