Che gran figata doveva essere la vita dei barbari! Un gran senso di libertà permeava tutto il loro essere.
Non dovevano rischiare la vita in fabbrica, nè subire mobbing in ufficio o abbrutirsi a scaldare il banco a scuola; stress e lunedì mattina erano roba che conoscevano solo quei truzzi decadenti dei romani.
Non dovevano ammattire con notai, esattori, intermediari, speculatori e vigili urbani che condizionano e inibiscono ogni possibile iniziativa umana!
Avevano il METALLO che semplificava e spianava la via al progresso, il quale unito a una buona dose di bicipiti diventava all'occorrenza passaporto, carta di credito, atto di proprietà ed affettaformaggio. Un metodo che potrà sembrare un tantinello irruente ma eliminava come d'incanto burocrazia e code agli sportelli.
Ebbene, oggi il METAL è l'ultimo baluardo di quella primordiale libertà ormai sommersa dalla civiltà del fighettismo e che metaforicamente riporta quei valori originali in musica.
Il Metal è ancora capace di sfoggiare fieramente la potenza dell'onda d'urto di un assalto vandalo, la vitalità degli iperattivi unni, le movenze brutal dei lungagnoni burgundi, la trascuratezza dentale dei tartari e il capello lungo e liscio in stile vichingo che fa tanto disperare i metallers mediterranei che se li ritrovano invece riccioluti come Angelo Branduardi.
In musica avviene che le chitarre diventano le asce da battaglia, le pelli della batteria quelle scuoiate ai nemici e il GROWL il simbolo della più intima libertà di espressione cioè il rutto libero.
Libertà o morte dicono i Grave Digger, esaltando la stessa libertà dei loro padri semi-nomadi. Band teutonica dall'alto lignaggio metallico attiva dal 1984 cioè in pieno medioevo, che adotta uno stile Heavy puro e con l'inclinazione a sfornare concept album.
Questo ultimo loro lavoro del 2007 è incentrato guarda caso, sulla libertà. Libertà come uno degli inanielabili diritti dell'uomo, trattato in 10 tracce che testimoniano musicalmente altrettante circostanze in cui l'uomo l'ha cercata e ottenuta anche a sprezzo della propria vita.
Segnalo l'iniziale e drammatica "Liberty Or Death", in cui gli Scavafosse mettono subito le carte in tavola mostrando la loro immensa classe melodica e tecnica, l'inno all'Avis "Ocean of blood", a cui segue il grido di dolore della lega per le popolazioni oppresse "Highland Tears".
"Silent Revolution" non è altro che il desiderio di liberarci di quelle piattole squillanti dei telefonini, mentre "Shadowland" anela a una terra sgombra da tutte le truzzissime lampade ai raggi UV e tintarelle, che stanno causando la scomparsa della razza bianca. Infine segnalo "Massada" come l'ultima roccaforte contro lo strapotere dilangante dei soliti, e sempre loro, truzzi.
Fratelli metallari, liberiamoci di tutti i conformismi da fighetti. Continuiamo a tramandare l'insegnamento dei nostri avi. Siate fieri della vostra ascella sudata! Siate orgogliosamente cafoni e dignitosamente lerci, siate sostanzialmente LIBERI!
Ricordatevi che è più facile che un drago entri nella cruna di un ago, che una mutanda candida varchi le porte del Valhalla.
STAY FETID MA ANCHE STAYPOWER!
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