Indissolubili picchiatori del metallo, i Grave Digger ci hanno riprovato. "Ballads of a Hangman" era stato un disco fiacco, privo di idee, con brani involuti, tutti uguali tra loro. Per molti quello ero stato il capitolo negativo definitivo, dopo il quale sarebbe stato difficile riprendersi. Invece, quasi a voler sfidare tutti e tutto è tornato il riccioluto Chris Boltendahl, l'unico vero leader della band e autore di tutti i testi.

La rinnovata voglia di tornare in studio e scacciare i giudizi negativi, genera "The Clans Will Rise Again", l'ultima fatica dei teutonici, datata ottobre 2010. La copertina, così come i titoli dei brani ci chiariscono che musicalmente niente smuoverà i Grave Digger dall'heavy metal classico, ormai diventato un loro marchio di fabbrica. Riff granitici e old style, voce ruvidissima di Boltendahl, lyrics che non possono prescindere dalla 4 parole Blood, Fight, Glory e Battle. Il trademark della band rimane quello e come era pronosticabile non c'è nulla di nuovo sotto la voce dell'originalità.

Qui entra in gioco il carisma di Boltendahl che da solo cerca di sollevarsi sulle spalle l'intero peso della band: se infatti i pezzi sono ancora una volta fin troppo scolastici, con il combo che sembra non voler andare oltre il solito compitino, il vocalist ce la mette tutta per dimostrare che nonostante le difficoltà, i cinque tedeschi sono ancora vivi. Il ritorno al concept da cui nacque "Tunes of War" è un ulteriore tentativo di riconnettersi al passato, di mostrare comunque un'attitudine che sembrava perduta. In parte ciò accade ma "Paind in blood" e "Hammer of the scots" non fanno storcere il naso, ma anzi mostrano potenza e chorus almeno degni della storia dei Grave Digger. L'originalità è pari all'intelligenza del ministro Rotondi, ma la voglia di provarci sembra esserci. Alcuni brani positivi ("Rebels", "Coming Home"), altri meno. Su tutti spicca "Whom the Gods Love Die Young", dove almeno per qualche attimo riaffiorano i fasti di un tempo, quelli che ormai sembrano perduti quasi del tutto.

Sono pochi i momenti in cui si respira l'aria scozzese tanto cara alla band: il sound leggermente più oscuro di quello di una volta porta la band verso sonorità legate maggiormente all'horror che non agli scenari epici di Tunes of War. Il risultato è comunque quello prevedibile di un heavy metal pesantemente intriso di classicità, con qualche cornamusa qua e là. Rispetto al passato è stata almeno rialzata la testa e questo basta ai fans incalliti. A tutti gli altri?

1. "Days Of Revenge" (1:58)
2. "Paid In Blood" (3:59)
3. "Hammer Of The Scots" (4:02)
4. "Highland Farewell" (4:08)
5. "The Clans Will Rise Again" (5:01)
6. "Rebels" (4:41)
7. "Valley Of Tears" (4:09)
8. "Execution" (4:46)
9. "Whom The Gods Love Die Young" (6:12)
10. "Spider" (3:19)
11. "The Piper McLeod" (0:49)
12. "Coming Home" (4:23)
13. "When Rain Turns To Blood" (6:14)

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