I Grave Digger sono state la dimostrazione che la forza di volontà e le ideologie in ambito musicale sono più forti di ogni gretta logica di mercato e gli sforzi compositivi riposti nel presente platter ne sono l'ovvia precisa sottolineatura. Per farvi comprendere quanto asserisco devo però necessariamente fare un salto indietro nel tempo. È il 1986 e l'uscita di "War Games", lavoro controverso del combo teutonico, non ha avuto molta presa su critica e pubblico tanto da produrre un altrettanto miserissimo tour di promozione e da indurre pertanto i loro produttori a sfornare repentinamente qualcosa per raddrizzare le sorti. Peccato che l'operazione si chiami "Stronger Than Ever", flop hard-rock edito sotto il monicker di Digger, esperimento dichiaratamente commerciale creato per cavalcare l'onda del filone tanto in voga in quel periodo. Insomma i Grave Digger si sciolgono e rimangono inattivi fino al 1993, anno di pubblicazione di questo letterale pugno nello stomaco. Bolthendahl, voce assassina ed energica, cornice mai più azzeccata per il lavoro ritmico e solistico svolto nell'occasione da Uwe Lulis alla chitarra, Jorg Michael alla batteria e Thomas Göttlich al basso sfornano probabilmente il capitolo più tetro, devastante ed arcigno della loro produzione. Un'incredibile e tiratissima tempesta speed metal grezza e adrenalinica, una spirale vertiginosa di riff serrata e cazzuta che dipinge a tinte forti e nette il tema che la ispira, già chiaramente svelato dall'artwork di copertina.
Dopo un intro inquietante recitato che subito dipinge il protagonista di questa sorta di concept-album, dopo un sinistro nitrito innaturale, si parte con la prima mitragliata speedmetal. "The Reaper", splendida tessitura melodica nel refrain e corroborata da un lavoro ritmico impressionante, suona già al primo impatto anthemica e accattivante e frantuma inesorabile al suo passaggio come la successiva rutilante "Ride On", epica nel bridge prima del ritornello che è come un tuono a ciel sereno, con ancora in evidenza Michael dietro le pelli a pestare preciso e deciso. E ancora l'adrenalina scorre copiosa con "Shadows of a Moonless Night", granitica nel suo riff quadrato iniziale, da togliere il respiro e quasi inquietante nell'incedere, con un bell'assolo molto espressivo di Lulis, e sempre fluida e convincente quasi non conosce barriere, fino ad esser quasi fremente nella successiva maligna "Play Your Game (And Kill)". Ed ancora si continua a danzare nervosamente con la morte e le sue mille immagini con la cadenzata e malata "Wedding Day", autentica invocazione alla morte ("I want to kiss her, but she only wanna dance/I've waited all the time for you /You've broken promises, I'm just a fool for you") e la catchy e rocciosa"Under The Flag", sane sterzate metal, in cui il lavoro solistico dell'axeman Lulis raggiunge il suo apice compositivo, impreziosito dalla amalgama impressionante dei tre strumentisti.
E ancora a perdifiato ci si tuffa nelle note dell' ossessiva, quasi epilettica "Spy of Mas'On", nella serratissima ma di poco pathos "Fight The Fight", unico momento meno riuscito del platter, e giù giù veloci fino al lotto finale devastante introdotto dall'epica semiballad speedmetal "Legion Of The Lost (part II)", sognante e atmosferica, quasi quanto è asfittica e tetra la tellurica "The Devil Plays The Piano", sorretta da un ispiratissimo testo contro la guerra ("Marching armies, machine killers /Lying prayers, hell is waiting /Holy terror, deadly masters /Bring us pain, anger and destruction") e con interessante risoluzione solistica su scale blues di Lulis (geniale il connubio metal su base ritmica e blues in chiave solistica).
La chiusura è affidata alla interlocutoria e spigolosa "Ruler Mr.H", sul tema dell'atomica, che si contrappone anacronisticamente alla cupe atmosfere della strumentale "The Madness Continues", ispirata ai temi dei Templari e delle crociate (che sarà il tema del tanto fortunato "Knights Of The Cross").
Insomma, concludendo, "The Reaper" è una pietra miliare del metal, una sorta di concept in nuce che racconta, sebbene a volte banalmente, dello scheletrico ed implacabile mietitore di anime e delle forme che può assumere nell'immaginario collettivo e nella realtà del quotidiano fino ai nostri giorni, tappa obbligata per chi vuole fare un tuffo in atmosfere epiche, tra ragnatele, spargimenti di sangue, destrieri e i loro nitriti sinistri e oscuri fendenti.
See Ya!
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