Il 14 aprile 966 il duca polacco Mieszko I° accettò il battesimo. Quel giorno è ufficialmente considerato l’inizio dell’esistenza dello stato polacco; il battesimo fu accettato attraverso i Cechi, già cristiani, che erano anche il popolo di provenienza di sua moglie, la principessa Dobrava.

966-2016. 1050 anni dopo, quindi, uno storico gruppo originario di Breslavia, già arcinoto nel panorama Black Metal internazionale, fa uscire un album dove risuona e “rivede” molti dei cavalli di battaglia che hanno caratterizzato la sua-loro inquieta e “scorretta” carriera. Ovviamente parliamo di Black Metal, quindi i 1050 anni di cristianità polacca sono visti con disprezzo e insofferenza, e diventano 1050 anni di culto pagano. Il culto del combo fondato e diretto da Robert Fudali, alias Rob Darken, ovvero i Graveland, è senza indugi: pagano, iconoclasta, viking, folk, di matrice occulta e senza ombra di dubbio intriso di ideologia classificabile nel novero della corrente NSBM (Black Metal Nazionalsocialista) anche se poi lo stesso Darken in alcune interviste si è dissociato dalle accuse di neonazismo, ha dichiarato in più interviste quello che pensa, molti testi delle sue canzoni sono inequivocabili e associazioni come il Pagan Front la dicono lunga sulle basi ideologiche del fondatore del gruppo in questione. Certo, recensire un gruppo come questo è sempre arduo, come del resto lo è per Burzum, tra l’altro inequivocabile fonte di ispirazione per i Graveland, assieme ai Bathory, come da copione e come per migliaia di band più o meno estreme in giro per il mondo. Questo gruppo però va oltre tutto quello che ci può essere dietro al suono, la sacra phonè, puramente intesa, va scremata dai testi a mio avviso, qui più che altrove, anche se ammetto che pochissimi accetteranno di ascoltare una proposta musicale che vuole anche utilizzare la propria arte per veicolare idee quanto meno estreme, e del resto è più che comprensibile. Qui mi rivolgo esclusivamente a chi ha amato ed ama il BM, a chi magari lo ha conosciuto fin dagli inizi, ha vissuto quei primi anni ‘90 tutti “norvegesi” e ne ha poi seguito l’evoluzione nel corso nel nuovo millennio in giro per tutta Europa e poi ben oltre, fino ad oggi, dove questo genere incredibile non conosce battute d’arresto (altro che morto!) e continua imperterrito la sua campagna – è il caso di dire - bellica.

"In The Glare Of Burning Churches", "Carpathian Wolves", "Thousand Swords", "The Celtic Winter" e il celebre "Following The Voice Of Blood", questi gli album dai quali sono tratte le perle di questa, che preciso, non è la solita antologia con brani copia-incolla ma un totale rifacimento, una riproposizione di vecchi pezzi risuonati, riarrangiati e riprodotti con la nuova line-up, con un risultato a dir poco sorprendente. La forza d’urto di gioielli sonori come “Hordes of Empire” o la bellissima “Born for War” non deluderà nemmeno chi aveva ancora qualche remora sulle prime produzioni, come anche chi amava il feeling grezzo e primitivo dei precedenti lavori da cui è tratta la scaletta; questo esempio di maestria di esecuzione e di rinnovata forza brutale e tecnica allo stesso tempo farà amare quest’album, secondo me, sia ai puristi delle produzioni underground dei primi anni ‘90, sia agli ultimi arrivati. Già dall’opener, “The Night of Fullmoon”, si capisce molto bene che questi signori sono artisti e che i pezzi non solo reggono il passare del tempo, ma rivisitati e rimessi in prima linea oggi, in questi anni ‘10 del nuovo millennio, risultano ancora di una freschezza e di una veemenza da far impallidire molte produzioni di vecchie e nuove glorie del genere! Personalmente ritengo (ed ho sempre ritenuto) i Graveland una band talentuosa e geniale, a livello compositivo, tanto quanto i fenomenali Nokturnal Mortum e ritengo che le loro composizioni arrivino là dove molti loro colleghi non sono mai e poi mai arrivati, ideologia o meno. Qui parlo di musica e non mi soffermerò a fare la cronistoria delle vicissitudini umane della band (Karcharoth R.I.P.) e quindi segnalo questo album particolare e bellissimo uscito lo scorso fine anno, lo segnalo a chi può apprezzare, consapevole che gli insulti pioveranno così come gli improperi di chi odia e non ascolta BM ma ci tiene comunque a precisare quanto gli faccia schifo e di chi attaccherà per le ragioni che sappiamo e di cui ho accennato più sopra. Per chi ama il genere e conosce già bene i Graveland non c’è bisogno di aggiungere altro, per chi è neofita qui potrà trovare spunti molto più che interessanti, chi in questi gruppi vede solo ed esclusivamente il discorso politico-ideologico continuerà a vedere in Rob Darken e compagnia nulla più che pendagli da forca. Ah, lo anticipo io, il sito si dissocerà dalle idee del gruppo, io non faccio certo apologia o altre stronzate, ripeto, parlo di Black Metal in questo caso e questo è quanto.

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