Va bene, il rock è morto. Però c'è ancora chi puzza e in qualche modo tenta di non farlo morire, il rock. Anche se a dire il vero i Graveyard puzzano un po' meno rispetto al debutto omonimo del 2007. Questo perchè da quel disco hanno firmato un contratto evidentemente più soddisfacente (Nuclear Blast), hanno perfezionato la registrazione e i suoni ed "Hisingen Blues" (2011) lo dimostra. Insomma, il rock da cantina dell'esordio, pur non venendo accantonato del tutto, ha lasciato lo spazio ad un "vintage rock" più raffinato e chiaramente ispirato ai seventies.

"Lights Out" è la loro terza uscita discografica, datata 26 ottobre 2012. Una fatica che per la popolarità che hanno assunto i Graveyard in ambito "old style rock", è quasi passata sottotraccia, soprattutto se paragonata all'attesa suscitata da "Hisingen Blues". "LO" ci riconferma che la band di Goteborg ha assimilato i canoni del rock che fu, e pur partendo da un nucleo che quindi pecca di originalità, ha la forza e la semplicità per affermarsi. "Lights Out" è un cd "vecchia maniera", privo di fronzoli e orpelli manieristici. E' essenziale hard rock, con le sue solide radici nei '70 e il guizzo della modernità. Quasi a voler ribadire e sottolineare questo aspetto, gli svedesi dipingono un disco che supera di poco la mezz'ora e che proprio per questo non assume la ridondanza eccessiva della stragrande maggioranza delle band odierne.

L'album si apre con la critica politica di "An Industry Of Murder", un pezzo che ci racchiude in meno di quattro minuti la quintessenza dell'hard rock moderno. Song riuscita e che mostra un songwriting non troppo elaborato ma congeniale per quelle che sono le caratteristiche dei quattro musicisti: discorso identico per "Slow Motion Countdown", ballata acida ma non troppo, dove giganteggia Joakim Nilsson dietro il microfono.

La peculiarità dei Graveyard è quella di non addentrarsi in territori sconosciuti. Rock, blues, psichedelia, queste sono le caratteristiche principali, motivo per cui non li troviamo a sperimentare qualcosa al di fuori delle loro corde. Si potrebbe dire che si limitano al "compitino", ma lo fanno bene ed evitano anche una deriva manieristica che è dietro l'angolo e che spesso ha attaccato loro colleghi, anche più famosi. Se poi il compitino ha il nome di "Seven Seven" e "Goliath" si può anche soprassedere. Immediatezza e semplicità nell'era dell'iper evoluzione computerizzata. Da citare nel novero delle song ottimamente riuscite anche "The Suits, The Law & The Uniforms", dove si sente forte l'eco dei Grand Funk Railroad (anche se a dir la verità il loro alone aleggia per tutta la durata del cd).

Un altro lavoro di qualità per il combo svedese, ormai giunto al terzo disco e ad un livello di notorietà importante. Nulla che possa rivoluzionare o ridare linfa al tanto amato hard rock, ma la qualità si riconosce lì dove c'è. "Lights Out" è l'esempio di un rock di qualità.

1. "An Industry Of Murder" (4:02)
2. "Slow Motion Countdown" (5:37)
3. "Seven Seven" (2:33)
4. "The Suits, The Law & The Uniforms" (4:51)
5. "Endless Night" (2:47)
6. "Hard Times Lovin" (4:28)
7. "Goliath" (2:49)
8. "Fool In The End" (3:32)
9. "20/20 (Tunnel Vision)" (5:01)

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