Anni '70. Periodo d'oro per i cantautori in Italia.

Anzi in genere per il cantautorato italiano perchè verso la metà del decennio viene pubblicata una "compilation", o per meglio dire un lavoro di gruppo chiaramente ispirato al movimento femminile , ovvero "Le cantautori", dove alcune esordienti cantautrici proponevano i loro pezzi sconosciuti: molte di queste artiste sono sparite dalla circolazione o quasi, oggi. Nella seconda metà degli anni '70 è ricca di fermenti la scena musicale nella capitale e punto di ritrovo degli artisti è il Folkstudio, che dava la possibilità di esibirsi in pubblico e quindi farsi conoscere, decisi ad intraprendere un mestiere preciso, quello del musicista.

Al Folkstudio approda anche una ragazza che ama Joni Mitchell e ne traduce i testi suonando le sue canzoni, conosce a memoria l'album-pietra miliare "Blue"(non è l'unica) e ne scrive anche di proprie, con l'aiuto di sua sorella Joanna, preziosa collaboratrice per i testi di tutto il suo percorso artistico. La voce è acerba, adolescenziale perchè lei è appena ventenne, priva di estensioni ampie da spaccare i vetri; il suo è piuttosto un canto sussurrato e ricco di fascino e le composizioni sono accompagnate dalla chitarra, lo strumento dove si rifugia e con cui si esprime in qualche modo. Il suo modo di porsi è particolare e viene notata da Ernesto Bassignano, cantautore dell'epoca e giornalista, che le fa stipulare un contratto discografico con la IT.

L'album "Clichè", pubblicato nel 1978, prende il titolo dalla seconda traccia, un'analisi ironica e sarcastica di un "menage" piuttosto squallido, di una relazione senza comunicazione, con l'accompagnamento scarno di una chitarra e dai cori alla fine delle strofe di Arturo Stalteri, produttore e arrangiatore del'album, e con quell'uso della voce tenue che ti fa rendere conto ancora più fortemente di quanto questa sia una critica al "machismo", in parole povere una "presa di culo", come autentica "presa di culo" sarà "Tutta colpa dell'inciso", di molti anni a venire, rivolta al mondo della discografia e della "canzone deficiente".
L'album è impregnato di sapori latino americani, e di queste atmosfere risente anche la prima traccia , "I sogni", un brano che rispecchia un'esortazione a farsi coraggio in una situazione difficile, ovviamente vissuta dal punto di vista di una donna (anche perchè non potrebbe essere altrimenti, dato che il disco è sorto nel contesto della Contestazione -scusate il gioco di parole- e del femminismo, e si trattava qui di valorizzare il ruolo della donna nella società), quindi non proprio del tutto chiara dalla prospettiva maschile che mi riguarda:
"E prima che i sogni mi prendano la mano/prima che il silenzio torni a stringermi la mente/voglio uscire tra la gente/un discorso nuovo sulla vita".

Proprio a quest'ultimo verso si ricollega il sesto brano, cioè il primo della facciata B del vinile, tra l'altro retro del 45 giri edito a scopo promozionale (più che introvabile), "Ricomincio da zero", un easy rock molto orecchiabile e disimpegnato, anche se il testo non è proprio del tutto cretino, anzi è originale: si parla ancora della "ribellione" nei confronti del genere umano maschile, ma omogeneamente al resto del disco astenendosi dai toni rabbiosi e duramente polemici.
"Io in piedi sulla mia direzione/incontro sempre la tua ombra sui muri/è la tua trovata migliore spostarmi il centro di gravità".

Ah dimenticavo una cosa importantissima, cioè che il titolo è esattamente "Da zero", con un "Ricomincio" messo fra parentesi prima. Per quale (im)probabile logica non saprei e nemmeno mi scervellerei. Seguendo il filone ironico troviamo "Il problema", dalla vivace e scherzosa musica e un testo originale:
"Io non so se fosse distrazione/o solo un po' di disagio/tra i miei stivali e il tuo maglione/e tutto questo tempo sprecato/Il problema forse è un altro/ ma eravamo grandi abbastanza / e io dico "si poteva evitare/di invecchiare nella tua stanza"/Il problema ero io /o il filo spinato dei tuoi pensieri/lunghi giorni passati a intervistarci/i miei argomenti e i tuoi pareri".

L'ultima frase è lapidaria, è il riassunto di una storia d'amore vista col senno di poi. Beh, non è molto incoraggiante. Ma "Clichè" tratta anche temi scottanti ancora oggi, come la prostituzione infantile in "Canzone per Daria", o l'aborto clandestino raccontato in "Riso e coriandoli" in versi che emozionano:
"E lui venne una sera /come un'ombra cinese/miracolo breve/parabola o spirale/coi tuoi occhi in fondo al pozzo della notte/coi fili di inchiostro sui polsi e macchie di luce/mentre accordavi la voce/al ritmo nuovo dei giorni/e regolavi il passo ed il respiro al suo/col ventre e la curva della schiena a cercare un nuovo equilibrio/un figlio pesa e al mestiere di madre lo avresti deluso".

Canzoni riflessive come appunto "Riflessioni", sulla condizione delle donne, e "Ho visto gente", con un testo profondo che ritrae personaggi nebbiosi "sporgersi ai colori /dopo una vita girata in bianco e nero /col solo alibi di una scarsa fantasia" o "incamminarsi ad occhi chiusi /sul circuito rassicurante di abitudini consolidate/di emozioni già collaudate" oppure ancora "filtrare la noia/ in corridoi e imbuti di luce/tessere la trama del tempo/con avanzi di giorni e giorni intatti".
Una piccola gemma è la semplicissima breve "A giorni verrai", sempre sulla base armonica della chitarra, che contiene un verso coraggioso ma pudico e naturale allo stesso tempo:
"Verrai a dirmi di te/delle tue nuove idee/e a mettere la tua paura/fra le mie gambe
".

È un brano che contiene l'attesa e il desiderio di rivedersi di due persone che si amano ma anche un'ombra di rimprovero alle certezze e alle cure non date rivolto al compagno.
"A giorni verrai a mettere/la tua mano tra i miei capelli/come se tutto questo freddo /non mi avesse gelato".

A concludere il long-playing (che tuttavia è stato ristampato su C.D. dalla MP Records) è "Controluce", un brano acustico molto calmo che esplode dopo circa mezzo minuto di silenzio, in cui sembra che la composizione sia conclusa, in un turbinio musicale che, non so perchè, ma mi sa di giostre piene di luci che volano, forse quelle del brano precedente.
"Clichè" è, per finire, una delle poche testimonianze di un "cantautriciato" degli anni '70, non un capolavoro dato che tra l'altro la Di Michele non ama ricordarlo, ma senz'altro piacevolmente ascoltabile.

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